Marziano Ciotti l'occhio dritto di Garibaldi - La tana dell'orso
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212 MARZIANO CIOTTI<br />
economico-sociale che non è più della portata dei Municipi, ma che<br />
merita e deve essere stu<strong>di</strong>ato e sciolto dal governo <strong>di</strong> Firenze. 78<br />
<strong>La</strong> classe politica <strong>di</strong>rigente dopo il plebiscito e l’annessione all’Italia<br />
viene reclutata dal Commissario Regio Quintino Sella tra<br />
la borghesia liberale filo-monarchica. Non mancano amministratori<br />
che avevano fatto lo stesso lavoro anche sotto gli austriaci, soprattutto<br />
nei paesini <strong>di</strong> campagna, tanto da non far comprendere<br />
al popolino il cambiamento: in pratica a comandare era sempre<br />
lo stesso “sior” locale, proprietario <strong>di</strong> terreni e <strong>di</strong> industrie <strong>di</strong> trasformazione.<br />
Tale classe politica mirava solo ai propri interessi,<br />
nulla fece per risollevare le sorti del Friuli, promise e non mantenne<br />
dando così spazio ai partiti <strong>di</strong> opposizione che nel 1876<br />
conquistarono la maggioranza. Anche i rappresentanti della Sinistra<br />
che si richiamavano ai valori risorgimentali furono ben presto<br />
fagocitati dall’in<strong>di</strong>rizzo politico del governo <strong>di</strong> Depretis: politica<br />
filo-austriaca sancita dalla Triplice alleanza (1882), clientelismi,<br />
arrivismi, prevalere delle logiche <strong>di</strong> potere più <strong>di</strong> quelle legate<br />
agli interessi della nazione.<br />
“Uno sperduto della Storia”<br />
L’avvocato Luigi Gasparotto, nella presentazione della rie<strong>di</strong>zione<br />
dello scritto <strong>di</strong> <strong>Ciotti</strong> sui Moti friulani, voluta dal figlio<br />
Rossel, ricorda quegli anni: …In tutte le ricorrenze civili e patriottiche<br />
del Friuli, fra le povere schiere dei reduci garibal<strong>di</strong>ni che trascinavano<br />
<strong>di</strong> paese in paese i loro entusiasmi e le loro miserie, mio<br />
padre mi in<strong>di</strong>cava, nel gruppo dei più valorosi, <strong>Marziano</strong> <strong>Ciotti</strong> <strong>di</strong><br />
Montereale e Francesco Tolazzi <strong>di</strong> Moggio. Erano giorni quelli, ed è<br />
amaro il ricordo, in cui le statue a Garibal<strong>di</strong> si relegavano nelle<br />
piazze più deserte e remote, e ogni sommovimento popolare, per le<br />
conquiste del suffragio, per l’abolizione del macinato e della tassa<br />
sul sale, per la riduzione dei dazi e <strong>di</strong> altre gravezze, era capi<strong>tana</strong>to<br />
dal garibal<strong>di</strong>nismo, ancora sospetto alle classi <strong>di</strong>rigenti, ma pur sempre<br />
gagliardo. Mio padre, nell’in<strong>di</strong>carmi il <strong>Ciotti</strong>, mi ammoniva:<br />
“Ve<strong>di</strong>? Quegli è entrato primo a Monterotondo!” Ma vedere <strong>Ciotti</strong><br />
e Tolazzi voleva <strong>di</strong>re correre, soprattutto, col pensiero alla avventurosa<br />
impresa del ’64 (…) L’Italia ricor<strong>di</strong> questi sperduti della Storia<br />
per guardare più alto al suo avvenire... 79