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Marziano Ciotti l'occhio dritto di Garibaldi - La tana dell'orso

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Nella campagna dell’Agro romano<br />

dente collina coperta <strong>di</strong> vigneti, ci incontrammo con tutti gli amici<br />

<strong>di</strong> Forlì che ci accolsero con festa, credendoci ormai morti…<br />

<strong>La</strong> porta <strong>di</strong> Monterotondo era stata abbruciata per mezzo <strong>di</strong> zolfo<br />

che i nostri, guidati da Menotti, avevano accumulato con incre<strong>di</strong>bile<br />

audacia sotto <strong>di</strong> essa. Mentre entravamo, scorgemmo un frate<br />

domenicano fra tre o quattro garibal<strong>di</strong>ni armati: era stato scoperto<br />

in una cantina, ove il terrore lo aveva inchiodato per oltre quarantott’ore.<br />

Si <strong>di</strong>ceva che aveva fatto fuoco contro i nostri. Era palli<strong>di</strong>ssimo<br />

e tremava come una foglia. Però nessuno gli fece del male poiché<br />

Garibal<strong>di</strong> aveva dato or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> rispettarlo: fu condotto prigioniero<br />

nelle sale dell’ospedale.<br />

L’ospedale era <strong>di</strong>retto da Bertani, capo dell’ambulanza, l’unico<br />

uomo che potesse occupare tal posto; era aiutato dalla Mario e dal<br />

Gavazzi * i quali provvedevano materassi e biancherie.<br />

L’aspetto che offriva il paese era veramente strano e pittoresco.<br />

Tutte le strade, tutte le case, piene <strong>di</strong> garibal<strong>di</strong>ni vestiti nelle foggie<br />

più svariate: la maggior parte in borghese, laceri e coperti <strong>di</strong> fango,<br />

altri con camicie rosse, altri con cappelli calabresi adorni <strong>di</strong> penne.<br />

Chi era armato <strong>di</strong> lunghi fucili, chi <strong>di</strong> piccole carabine, chi <strong>di</strong> schioppi<br />

da caccia, chi <strong>di</strong> daghe, <strong>di</strong> pistole, <strong>di</strong> stili. Era un vero esercito rivoluzionario.<br />

Le case erano per la maggior parte chiuse, altre piene<br />

zeppe <strong>di</strong> volontari.<br />

Il paese presentava ancora avanzi delle barricate erette nei giorni<br />

<strong>di</strong> combattimento. Sulla piazza vi erano ancora due cannoni ed una<br />

colubrina abbandonati dai papalini. Garibal<strong>di</strong> li fece apprestare sui<br />

carri e per il loro servizio or<strong>di</strong>nò alcuni volontari che già avevano<br />

servito nei cannonieri. Sul Palazzo Comunale – del Principe <strong>di</strong><br />

Piombino, e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> gran mole ma grossolano e pesante – era stata<br />

issata la ban<strong>di</strong>era tricolore. Era stato l’ultimo rifugio dei papalini e<br />

serbava le traccie della lotta: le porte scassinate, le finestre contorte,<br />

tutti i mobili a soqquadro, tutti i libri sparsi…<br />

* Alessandro Gavazzi (Bologna 1809 – Roma 1889). padre barnabita, cappellano<br />

della legione combattente nel Veneto nel 1848, uscì dall’or<strong>di</strong>ne aderendo<br />

alla repubblica romana. Esule a Londra e negli Stati Uniti pre<strong>di</strong>cò contro il papato.<br />

A Londra fondò una chiesa evangelica. Fu con Garibal<strong>di</strong> nel 1859, 1860,<br />

1866 e 1867.<br />

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