la civiltà nuragica - Sardegna Cultura
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osservano oggetti in parte di uso personale<br />
dei convenuti al<strong>la</strong> riunione (militari, come<br />
suggeriscono spade, cuspidi di freccia e coltelli)<br />
in parte di carattere votivo-propiziatorio<br />
(uno stock di 2-3 chili di rottame di bronzo e<br />
pezzi di statuine).<br />
A far emergere il simbolo del proprio status<br />
nel<strong>la</strong> massa del popolo, interviene ora<br />
anche, sebbene in misura assai limitata, l’uso<br />
del<strong>la</strong> sepoltura individuale. Essa non sostituisce,<br />
per quanto pare, le precedenti tombe<br />
collettive dove si inumavano ricchi e poveri<br />
senza distinzione di c<strong>la</strong>ssi; ne è piuttosto<br />
complementare e contrastiva.<br />
Un semplice sepolcro in roccia di Is<br />
Aruttas-Cabras, segnato all’esterno da pietre<br />
sagomate a mo’ di crescente lunare, custodiva<br />
uno scheletro rannicchiato con vasi di terracotta<br />
d’impasto. Il personaggio (o i personaggi)<br />
deposti nel<strong>la</strong> tomba a fossa megalitica<br />
di Sa Costa-Sardara, mostravano il loro<br />
rango col corredo di due statuine in bronzo<br />
di arcieri, vestiti « all’orientale » in modo<br />
assai distinto e singo<strong>la</strong>re. La tomba a fossa<br />
con delimitazione e copertura di <strong>la</strong>stre presso<br />
l’abitato di Senorbì, era d’un nobile guerriero,<br />
sepoltovi con l’armatura: spada con<br />
impugnatura a mezzaluna e <strong>la</strong>mine ribattute<br />
e cucite con chiodi, riferite a corazza o spal<strong>la</strong>cci.<br />
Ma è soprattutto l’insieme di sepolture<br />
singole di Monti PramaCabras, trasformato<br />
in heroon, a dimostrare <strong>la</strong> grande svolta politica<br />
e sociale avvenuta nel<strong>la</strong> IV Fase <strong>nuragica</strong>.<br />
Qui le tombe, scavate nell’arenaria, erano<br />
annesse a un vil<strong>la</strong>ggio di capanne circo<strong>la</strong>ri<br />
con un nuraghe complesso e altri edifizi di<br />
figura imprecisata vicini, disposti lungo il<br />
pendio d’una lieve collina al cui piede, perfettamente<br />
in piano, si allineava il sepolcreto<br />
principesco. In un’area delimitata da <strong>la</strong>stre<br />
infisse a coltello, si seguivano una trentina di<br />
tombe individuali, orientate da nord a sud,<br />
del tipo a pozzetto conico (diametro al<strong>la</strong><br />
bocca cm. 70/50, prof. 70/80), coperto da un<br />
grosso <strong>la</strong>strone d’arenaria (cm. 100 x 100,<br />
spess. 15/20). Nei pozzetti, per lo più provvisti<br />
di una cavità al fondo, i morti erano<br />
deposti seduti, con esposizione prevalente a<br />
est, <strong>la</strong> testa protetta da una <strong>la</strong>strina. Solo<br />
quattro tombe su trenta contenevano corredo<br />
funerario, molto scarso: frammenti di: ceramica<br />
d’impasto, per lo più nerolucida; vaghi<br />
di col<strong>la</strong>na in bronzo e cristallo di rocca; perline<br />
di pasta vitrea; un sigillo scaraboide in<br />
osso o avorio. Si tratta di manufatti in parte<br />
di fattura locale, in parte venuti, per commercio,<br />
dal prossimo fondaco di Tharros in<br />
possesso dei Fenici a partire almeno dall’Vili<br />
secolo a.C. L’area delle tombe per l’intera<br />
estensione e un lembo del terreno ad essa<br />
esterno di circa due metri a ovest, risultarono<br />
ingombri di materiali archeologici. Li<br />
costituivano pezzi architettonici, pietre<br />
informi e <strong>la</strong>stroni di varia grandezza, betili<br />
troncoconici con incavi, del tipo visto per <strong>la</strong><br />
Fase III, cippi in forma di colonna turrita<br />
semplice o plurima, colonne capitel<strong>la</strong>te,<br />
frammenti di statue antropomorfe. Insieme<br />
con questi elementi strutturali e ornamentalisimbolici,<br />
appartenenti e significanti il complesso<br />
sacrale-funerario, si raccolsero frammenti<br />
di bronzo e resti di stoviglie di età<br />
<strong>nuragica</strong>. La <strong>la</strong>rga frammentazione di tutto il<br />
materiale e <strong>la</strong> sua dispersione denotano una<br />
distruzione intenzionale, avvenuta quando<br />
non era più in vita <strong>la</strong> civiltà indigena. I pozzetti<br />
hanno avuto riutilizzazioni e devastazioni<br />
successive. Alcuni elementi di corredo<br />
in essi contenuti potrebbero appartenere al<br />
VII/VI secolo a.C., anche se le statue, in origine<br />
collocate sopra o nell’area delle tombe,<br />
vanno riferite, come dirò, all’Vili secolo.<br />
Da quanto esposto, risulta un’immagine<br />
sufficiente di ciò che era e rappresentava,<br />
intorno al<strong>la</strong> fine del IX e nell’VilI secolo<br />
nonché più tardi ancora, <strong>la</strong> società emergente.<br />
Era questa impegnata nello sforzo di<br />
elevare il tono di vita, convertendo <strong>la</strong> tradizionale<br />
cerealicultura (resti di grano nel vil<strong>la</strong>ggio<br />
di Serra Orrios e nei nuraghi Piscu e<br />
Su Igante-Uri) nel<strong>la</strong> cultura specializzata<br />
del<strong>la</strong> vite (acini d’uva nel vil<strong>la</strong>ggio di Genna<br />
Mari a Vil<strong>la</strong>novaforru). Migliorava <strong>la</strong> zootecnia,<br />
incrementandosi il patrimonio di bestia-<br />
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