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la civiltà nuragica - Sardegna Cultura

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geometrici, fluente dalle spalle alle caviglie o<br />

avvolto a più giri intorno al corpo. Indossano<br />

una lunga veste unita che termina a balze<br />

sopra i piedi, al modo mediterraneo. A volte,<br />

un fazzoletto o un lembo arcuato plissato di<br />

stoffa, fungente insieme da pettorale e gorgiera,<br />

coprono <strong>la</strong> veste. Il capo è sempre<br />

nascosto, per devozione, ora da una calottina,<br />

ora da un velo pieghettato, ora da un cappello<br />

conico a tesa più o meno <strong>la</strong>rga. Si vuole<br />

che le figure femminili, con copricapo a<br />

punta, siano di sacerdotesse, come di sacerdoti<br />

sono supposte le maschili a pileo (da<br />

nuraghe Albucciu, Abini, Vulci). Ci si rifà a<br />

berretti ad apex degli aruspici etruschi e a<br />

petasi di personaggi distinti di arte greca geometrica<br />

e del mondo siriaco. In ogni modo <strong>la</strong><br />

foggia apicata sembra assumere valore cerimoniale.<br />

Una picco<strong>la</strong> e brutta donnetta del popolo<br />

è invece rappresentata in una statuina di<br />

Vil<strong>la</strong>sòr, dal tocco estroso e imprevedibibile.<br />

Veste semplice scampanata, tutta d’un<br />

pezzo. Sul<strong>la</strong> testa scoperta grava una corbu<strong>la</strong><br />

di vimini tessuta a cordoni, stretta con <strong>la</strong><br />

mano destra. Dentro il recipiente si intravedono<br />

tre oggetti rotondi e incavati da un<br />

<strong>la</strong>to: focacce di pasta con miele o tortelle<br />

miste di ricotta o formaggio fresco ed erbe<br />

aromatiche Dolciumi di civiltà contadina e<br />

pastorale, preparate nell’intimità del<strong>la</strong> casa<br />

dalle donne e cose sacre in un certo senso<br />

perché fatte soltanto nelle occasioni solenni<br />

delle feste. E’ interessante <strong>la</strong> cesta che denota<br />

l’esistenza d’un artigianato dell’intreccio<br />

e del<strong>la</strong> stuoia, in canne, fieno, erbe palustri,<br />

asfod’lo ecc. Ci sono rimasti modelli& in<br />

bronzo, rappresentanti contenitori di forma<br />

conica per interrarne <strong>la</strong> base (i c.d. órrios<br />

usati non molto tempo fa nel Campidano<br />

d’Oristano per conservarvi derrate), cestini a<br />

pisside biansata con coperchio, corbe su alto<br />

piede.<br />

Circa le Madri, abbiamo detto di quel<strong>la</strong> di<br />

Urzulei. Al model<strong>la</strong>to scarno corrisponde<br />

una profonda drammaticità. C’è un’intensa<br />

forza figurativa nell’insieme, specie nei volti<br />

a volumi scolpiti dai piani e linee squadrate,<br />

che riproduce un’arcana e angosciosa storia<br />

di morte. Infatti il figlio in grembo al<strong>la</strong><br />

madre, tutto avvolto nel suo manto che sembra<br />

un sudano, è un giovane guerriero morto,<br />

abbandonato nelle membra, rigido il volto, e<br />

nudo il corpo con significato devozionale.<br />

Nelle due statuine di Madre da Serri, chiuse<br />

nel<strong>la</strong> corta mantellina che si solleva a velo<br />

sul capo, i figli sono piccole creature deboli e<br />

ma<strong>la</strong>te, le gambette corte ri<strong>la</strong>ssate, le braccine<br />

cadenti. Le madri impetrano <strong>la</strong> guarigione<br />

che scenderà più diretta sui corpicini nudi. I<br />

linguaggi sono diversi. Un’enfasi tragica ed<br />

eroica nel gruppo di Urzulei, un’implorazione<br />

sommessa nei gruppi di Serri.<br />

Alcuni soggetti già accennati portano di<br />

netto sul piano metafisico. Gli esseri di Abini<br />

(figg. 205-206), iperantropici, fanno parte<br />

dei misteri del mondo soprannaturale di quel<br />

famoso santuario. Siano divinità, o demoni<br />

od eroi, <strong>la</strong> veemenza guerriera che essi esprimono<br />

nei quattro occhi e nelle quattro braccia,<br />

e nel<strong>la</strong> coppia di scudi e di spade, corrisponde<br />

al<strong>la</strong> valenza militare caratteristica<br />

del<strong>la</strong> civiltà <strong>nuragica</strong>. Il model<strong>la</strong>to « p<strong>la</strong>nare<br />

», stirato, del volto, lo stilismo a globetto<br />

degli occhi, il mento aguzzo ricordano <strong>la</strong> fisionomia<br />

di statuine in bronzo cipriote, siriache<br />

e segnatamente del Luristan (Persia).<br />

L’insieme iconografico si può inquadrare nel<br />

complesso di quelle concezioni miticoreligiose<br />

orientali di figurine a membra « ripetute<br />

» con intento magico-operativo, che<br />

esprimono un parallelo, ad esempio, in statue<br />

di Cipro rappresentanti guerrieri con più<br />

gambe (secondo <strong>la</strong> geometria mesopotamica)<br />

e provvisti di più scudi. Nel mitolo<br />

gismo mediterraneo si inscrive anche l’immagine<br />

fantastica del « mostro » di Nule.<br />

L’essere consta di testa e braccia umane e di<br />

corpo di toro. Copre <strong>la</strong> testa un berretto conico<br />

a pennacchio, somigliante a tiare assire,<br />

nordsiriane e dell’Urartu (Armenia sovietica).<br />

Il dorso è addobbato da una ricca gualdrappa<br />

a decoro lineare geometrico che ne<br />

segna l’età. Il bronzetto evoca da lontano un<br />

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