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rivista italiana di economia demografia e statistica - Sieds

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Rivista Italiana <strong>di</strong> Economia Demografia e Statistica Volume LXIII nn. 3-4 – Luglio-Dicembre 2009<br />

STRUTTURA FAMILIARE E RISCHIO POVERTÀ IN ITALIA:<br />

UN'ANALISI ATTRAVERSO I DATI DELLA BANCA D'ITALIA 1<br />

Massimo Mucciar<strong>di</strong>, Pietro Bertuccelli<br />

1. La povertà: l’evoluzione dei vari approcci nel tempo<br />

Il problema della definizione della povertà è legato fondamentalmente ad una<br />

molteplicità <strong>di</strong> aspetti che concorrono e si legano dando vita ad un particolare<br />

status esistenziale. Ma chi è veramente povero? A questa domanda non è facile<br />

dare una risposta in quanto è oggettivamente impossibile spiegare in maniera<br />

esaustiva il concetto stesso <strong>di</strong> povertà e tutte le sue implicazioni sociali. A gran<strong>di</strong><br />

linee, si possono essenzialmente <strong>di</strong>stinguere due principali correnti <strong>di</strong> pensiero nel<br />

definire e, quando possibile, quantificare il concetto <strong>di</strong> povertà. La prima corrente,<br />

la più antica, definisce la povertà in termini uni<strong>di</strong>mensonali, attraverso l’utilizzo <strong>di</strong><br />

un’unica variabile (red<strong>di</strong>to o spesa). Questo tipo <strong>di</strong> approcio, detto anche<br />

monetaristico, considera la povertà come mancanza <strong>di</strong> benessere economico. La<br />

misura <strong>di</strong> tale <strong>di</strong>sagio viene in genere effettuata attraverso la costruzione <strong>di</strong> un<br />

in<strong>di</strong>catore univoco che permette <strong>di</strong> stabilire, quanto più oggettivamente possibile,<br />

chi effettivamente può o non può essere considerato povero.<br />

Storicamente l’approccio monetaristico affonda le sue ra<strong>di</strong>ci nell’Inghilterra<br />

dell’epoca vittoriana, quando iniziano ad affiorare i primi stu<strong>di</strong> riguardo al<br />

fenomeno povertà. Si deve infatti a Rowntree (1901) la creazione <strong>di</strong> un metodo<br />

abbastanza sofisticato con il quale stima un red<strong>di</strong>to minimo <strong>di</strong> sussistenza.<br />

L’importanza dello stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Rowntree risiede nel fatto che egli fu il primo ad<br />

intuire che lo stato <strong>di</strong> povertà non era da considerarsi eguale per tutte le famiglie<br />

sottoposte all’indagine. Con il passare del tempo il problema del rapportare la<br />

povertà al contesto sociale in cui si manifesta <strong>di</strong>venta un elemento sempre più<br />

importante nel lavoro degli stu<strong>di</strong>osi. Secondo questa impostazione, un in<strong>di</strong>viduo o<br />

una famiglia non sono più considerati poveri solo se non raggiungono il red<strong>di</strong>to<br />

necessario a garantire il minimo vitale, ma anche se il loro livello <strong>di</strong> vita non<br />

raggiunge gli standard consoni al contesto sociale e storico in cui si trovano.<br />

Il secondo tipo <strong>di</strong> approccio alla povertà, sviluppatosi principalmente a partire<br />

dagli anni settanta, misura la povertà considerando non più solo il red<strong>di</strong>to o la<br />

spesa, ma un insieme <strong>di</strong> variabili concernenti vari aspetti della società quali, ad<br />

1 Lavoro svolto nell’ambito del PRIN 2007.

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