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rivista italiana di economia demografia e statistica - Sieds

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Volume LXIII nn. 3-4 – Luglio-Dicembre 2009<br />

venisse abbandonata l’interpretazione dell’utilità come misura della felicità 2 . Da un<br />

punto <strong>di</strong> vista concettuale il ragionamento <strong>di</strong>viene ancora più complesso, dal<br />

momento che può accadere che nelle società particolarmente inclini al consumo, lo<br />

spirito <strong>di</strong> emulazione indebolisca il collegamento consumo uguale felicità. Il<br />

sistema <strong>di</strong> valori culturali nei quali si è inseriti specialmente nei paesi a forte<br />

vocazione <strong>di</strong> mercato, può infatti determinare negli in<strong>di</strong>vidui, uno stato <strong>di</strong><br />

insod<strong>di</strong>sfazione per quello che non si ha, a prescindere da quello che si possiede.<br />

Vi è poi un secondo aspetto che riguarda invece il funzionamento dell’<strong>economia</strong><br />

non più esprimibile solamente attraverso lo scambio monetario <strong>di</strong> beni e servizi;<br />

esisterebbe infatti un capitale relazionale fondato sull’amicizia, sulla fiducia, sulla<br />

solidarietà, che non sarebbe oggetto <strong>di</strong> transazione economica. All’<strong>economia</strong><br />

monetaria si affiancherebbe l’<strong>economia</strong> gratuita, dove i beni anziché essere reali<br />

sono relazionali in un mercato che, per questa ragione viene definito sociale<br />

(noprofit). Ma può la misurazione del settore noprofit rappresentare una<br />

rappresentazione della felicità <strong>di</strong> una società? La risposta è negativa dal momento<br />

che la sussi<strong>di</strong>arietà non può esprimere la felicità <strong>di</strong> una società, specialmente in<br />

sistemi economici con profili istituzionali e <strong>di</strong> welfare pubblici molto <strong>di</strong>versi.<br />

3. L’approccio contabile per la misurazione della felicità<br />

L’approccio contabile alla felicità fa leva sul concetto <strong>di</strong> produzione, anche se<br />

produzione e consumo rappresentano due facce <strong>di</strong> una stessa medaglia, che può<br />

essere in<strong>di</strong>stintamente contabile oppure economica. Occorre, sebbene brevemente<br />

analizzare il significato della produzione nella contabilità nazionale e la sua<br />

evoluzione concettuale. In passato si è ampiamente <strong>di</strong>battuto se dovessero essere<br />

considerate operazioni <strong>di</strong> produzione le sole attività economiche <strong>di</strong> trasformazione<br />

anche solo fisica dei beni. In questo modo non venivano considerati i beni<br />

immateriali, ed infatti gli economisti contabili non includevano tra le operazioni <strong>di</strong><br />

produzione le attività che generavano servizi che, invece, per loro natura sono<br />

immateriali. Al concetto tecnico <strong>di</strong> trasformazione si affiancò un’interpretazione<br />

più economica, secondo la quale erano attività economiche tutte le attività che<br />

creavano utilità: «una operazione <strong>di</strong> produzione è tale, in quanto carica d’utilità<br />

qualche cosa 3 ».<br />

2 Si è, così, riformulata la teoria sul comportamento del consumatore, interpretando l’utilità<br />

come un modo per rappresentare le preferenze. In realtà esistono le teorie dell’utilità car<strong>di</strong>nale le<br />

quali si fondano sull’ipotesi che la <strong>di</strong>fferenza tra le utilità <strong>di</strong> due panieri abbia qualche significato.<br />

3 Fraser 1949

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