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Gli accordi di ristrutturazione dei debiti: disciplina positiva ed effettività

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nella speranza che la continuazione dell'attività impren<strong>di</strong>toriale generi ricavi sufficienti afar fronte ai nuovi costi e ai <strong>debiti</strong> pregressi.Infine, l'accordo novativo è quello nel quale si estingue la prec<strong>ed</strong>ente obbligazionee la si sostituisce con un'altra, con oggetto o titolo <strong>di</strong>verso.Di solito si utilizza a fronte <strong>di</strong> una situazione economico-finanziaria ormaicompromessa.Tipico esempio è la conversione <strong>dei</strong> cre<strong>di</strong>ti in capitale.La conversione <strong>di</strong> <strong>debiti</strong> in capitale (c.d. debt for equity swap) si giustifica in uncontesto <strong>di</strong> crisi grave, in cui una ricapitalizzazione incontrerebbe seri ostacoli: unaricapitalizzazione sarebbe infatti irrazionale tanto per gli azionisti, protetti dallaresponsabilità limitata, quanto per qualsiasi altro terzo, dal momento che fino aconcorrenza dello sbilancio il denaro versato andrebbe a beneficio <strong>dei</strong> cre<strong>di</strong>tori esistenti;sarebbe invece del tutto razionale per i cre<strong>di</strong>tori, poichè essi non versano nuovo denaro, mautilizzano per la sottoscrizione, compensandolo, un cre<strong>di</strong>to che ha perduto tutto o parte delsuo valore 106 .Dunque, in una situazione economico-finanziaria compromessa dell'impresa, lescarse speranze <strong>di</strong> recupero sono affidate alla conversione <strong>dei</strong> cre<strong>di</strong>ti in capitale, chenormalmente coinvolge però solo una parte <strong>dei</strong> cre<strong>di</strong>tori, <strong>di</strong> solito quelli bancari. In certicasi alla conversione in partecipazioni si accompagnano <strong>accor<strong>di</strong></strong> sull'eventuale successivotrasferimento delle stesse e sull'apporto <strong>di</strong> nuova finanza, sotto forma <strong>di</strong> sottoscrizione <strong>di</strong>possibili nuovi apporti <strong>di</strong> capitale <strong>di</strong> rischio 107 . Se la totalità <strong>dei</strong> cre<strong>di</strong>tori optasse per talesoluzione della crisi si avrebbe, per via interamente privatistica, <strong>ed</strong> in assenza <strong>di</strong> costi <strong>di</strong>proc<strong>ed</strong>ura, l'effetto finale tipico <strong>di</strong> una proc<strong>ed</strong>ura vera e propria <strong>di</strong> insolvenza con iltrasferimento <strong>di</strong> proprietà e controllo dell'attivo dal debitore ai cre<strong>di</strong>tori, in vista o <strong>di</strong> unasua gestione e valorizzazione, o della sua liquidazione e <strong>di</strong>stribuzione del ricavato 108106 STANGHELLINI, Le crisi d'impresa, cit., 318 osserva che la conversione <strong>di</strong> <strong>debiti</strong> in capitale consente<strong>di</strong> conciliare tre categorie <strong>di</strong> interessi: quello <strong>dei</strong> cre<strong>di</strong>tori che optano per la conversione (che mirano arecuperare parte <strong>di</strong> ciò che hanno prestato sotto forma <strong>di</strong> futuri utili dell'impresa), quello <strong>dei</strong> cre<strong>di</strong>tori chenon optano per la conversione (che mirano a mantenere inalterate le loro prospettive <strong>di</strong> pagamento, chemigliorano in relazione al fatto che i cre<strong>di</strong>tori che optano per la conversione cessano <strong>di</strong> concorrere conloro sul patrimonio del debitore), quello dell'impresa a ridurre l'indebitamento (che viene convertito incapitale proprio).107 BOGGIO, cit., 8.108 ROVELLI, cit., 1036.29

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