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EDUARD REUT-NICOLUSSI - Centro Documentazione Luserna

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140 Sandro Schmid<br />

sato di servirsi di arma alcuna, tutt’altro! Basta a sé medesimo ed è<br />

contento di attenersi strettamente alla legge. Quindi necessità di<br />

forza non c’è».<br />

E poi Nicolussi impartisce una lezione di grande spessore culturale e<br />

umanitario sempre ancora di grande attualità e degna della migliore<br />

tradizione mitteleuropea, aggiungendo: «E del resto ci sono dei problemi<br />

che non si risolvono con la forza. Ci sono dei problemi di sentimento<br />

e quelli della necessità di cultura spirituale. I cuori non si<br />

controllano, né da parte dei questori, né con altri mezzi di sicurezza<br />

pubblica.<br />

I bisogni culturali non si possono soddisfare con misure poliziesche.<br />

Alla forza deve sostituirsi un altro elemento (e qui Nicolussi sembra<br />

lasciare ancora aperto uno spazio di credito nei confronti di<br />

Mussolini) che ho trovato nelle dichiarazioni del Governo, il concetto<br />

di dignità».<br />

Nicolussi, come nell’intervento del 1921, fa appello al sentimento<br />

“cavalleresco” tipico del militare che combatte il nemico ma al<br />

tempo stesso ne ha rispetto. In questo discorso parla del valore<br />

della dignità intrinseca in ogni Stato e in forza del quale si deve<br />

avere rispetto per i vinti o per le minoranze e Nicolussi prosegue:<br />

«Credo che veramente la dignità sia la base unica sui cui una grande<br />

potenza debba risolvere anche i piccoli problemi delle minoranze<br />

etniche».<br />

E qui viene interrotto ad arte e provocatoriamente dal fascista<br />

on. Giunta. Nicolussi reagisce dicendo: «Nel nostro Paese non c’era<br />

bisogno di queste violenze e di questi metodi per salvaguardare gli<br />

interessi italiani, e io mi compiaccio che il nostro popolo non abbia<br />

mai commessa alcuna violenza contro degli italiani...». Giunta dal<br />

canto suo gli urla contro: «In quale Paese è un’indegnità di farlo parlare<br />

così nel Parlamento italiano!».<br />

A questo punto a Nicolussi non resta che concludere ricordando<br />

come è distante la dignità dell’Italia di un tempo, quando attirava<br />

nelle sue Università masse di studenti germanici amanti delle scienze,<br />

della cultura e del genio creativo italiano, rispetto alle violenze<br />

dell’oggi.<br />

Nicolussi termina il suo discorso probabilmente su una posizione<br />

concordata con i suoi colleghi e il partito, una posizione di attesa, per<br />

capire fino all’ultimo se da Mussolini ci fossero degli spazi di possi-

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