EDUARD REUT-NICOLUSSI - Centro Documentazione Luserna
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240 Inge Reut-Nicolussi in Lehne<br />
per prestare servizio negli Standschützen (difesa territoriale). Mi ha<br />
raccontato con quali sentimenti ha attraversato il Sudtirolo dopo quasi<br />
20 anni di assenza. Dopo la guerra però il divieto di ingresso venne<br />
ripristinato, alla fine mia madre si rivolse al Presidente del Consiglio<br />
De Gasperi in persona con una lettera e il permesso di ingresso venne<br />
concesso.<br />
Vorrei però menzionare anche il lato artistico di mio padre.<br />
Disegnava molto bene. Da bambina avevo un diario, sul quale mio<br />
padre mi ha ritratto come una piccola ragazzina con un bastone da<br />
viandante e ha scritto sotto: «Il meglio è sempre davanti a noi». Questo<br />
dimostra che in fondo era un ottimista.<br />
Traeva grande gioia dalla musica e gli piaceva cantare – canzoni<br />
studentesche e militari ed anche “die Grenadiere” , la cui drammatica<br />
declamazione ha sempre impressionato noi giovani. Mi ha raccontato<br />
che una volta quando era Deputato a Roma ha animato con successo<br />
una serata presso un suo collega italiano con questa canzone.<br />
I miei figli maggiori si ricordano ancora quando all’età di tre o<br />
quattro anni marciavano con lui lungo il corridoio al canto di «quando<br />
i soldati marciano attraverso la città, le ragazze spalancano finestre<br />
e porte».<br />
Devo a mio padre anche le prime esperienze di teatro. Mi portava<br />
spesso a Monaco proprio per procurarmi queste esperienze. Non dimenticherò<br />
mai il suo entusiasmo dopo una buona rappresentazione.<br />
Nostro padre era molto generoso, sia nei regali che nelle offerte, per<br />
se stesso però era modesto, risparmiatore. Lo stipendio di un professore<br />
universitario tra le due guerre era molto modesto e, a prescindere<br />
dal periodo in cui era Deputato presso il Parlamento di Roma, non<br />
venne mai pagato per tutta la sua attività politica, era onoraria.<br />
Vorrei ricordare anche il suo rapporto con la lingua. Noi siamo stati<br />
educati a parlare un buon tedesco. Espressioni dialettali che ci portavamo<br />
da scuola non venivano tollerate. Era richiesto un buono stile sia<br />
nei temi che nelle lettere. Una volta nostro padre ci ha raccontato con<br />
orgoglio che gli aveva scritto un professore delle medie dalla Germania<br />
dicendogli che nelle sue lezioni di tedesco usava testi tratti dal libro<br />
“Tirol unterm Beil” per la classicità del loro stile.<br />
La madrelingua veniva perciò a essere, con un significato molto<br />
particolare, anche la “lingua paterna”.