EDUARD REUT-NICOLUSSI - Centro Documentazione Luserna
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16 Sandro Schmid<br />
dove, alla componente militare, tenta di saldarsi quella operaia, repressa<br />
poi con 500 dure condanne.<br />
Ma in particolare era ancora freschissimo l’eco dell’occupazione<br />
delle fabbriche del settembre del 1920.<br />
Quest’ultimo è stato l’episodio più significativo, in cui si decisero le<br />
sorti del movimento operaio italiano e in cui si sfiorò realmente la rottura<br />
rivoluzionaria e si scatenò una forte controffensiva della classe<br />
padronale e della borghesia italiana, decisiva poi per il sostegno al<br />
movimento fascista.<br />
L’influenza della rivoluzione dei soviet in Russia era forte, nascono<br />
i consigli di fabbrica che autogestiscono il lavoro e la produzione industriale<br />
che interessa quasi mezzo milione di operai.<br />
Il governo Giolitti propone una soluzione riformista e negoziata e<br />
l’11 settembre, in una drammatica votazione, la componente riformista<br />
della Confederazione generale del Lavoro (che nel 1920 aveva raddoppiato<br />
gli iscritti passando da 1.159.000 iscritti a quasi 2.300.000) boccia<br />
con 591.000 voti contro 409.000 la proposta dello sciopero generale.<br />
Si fa un buon accordo sindacale, ma fallisce la possibilità di “rivoluzione<br />
italiana”.<br />
Nel gennaio del 1921 dal Congresso di Livorno si consuma la scissione<br />
del PSI che darà origine al Partito Comunista d’Italia.<br />
Sul fronte opposto a quello proletario l’irredentismo nazionalista,<br />
con il mito della “vittoria mutilata” e la volontà di espansione in<br />
Dalmazia e Albania, raccoglieva le tensioni esasperate di una fascia<br />
sociale eterogenea dei ceti medi, dell’esercito e degli ex combattenti,<br />
degli interessi industriali interessati ad una politica di potenza.<br />
Sotto la pressione di questi due movimenti sociali e politici contrapposti,<br />
il vecchio Stato liberale dimostra tutta la sua debolezza<br />
elavecchia classe politica si dimostra incapace di governare un<br />
processo di transizione.<br />
Giovanni Giolitti, che già nelle elezioni del 1919, le prime con il<br />
sistema proporzionale, vede dimezzata la sua rappresentanza (da 200<br />
deputati a 91), entrato in carica nel giugno del 1920 anche sull’onda di<br />
misure antipopolari come quella dell’abolizione del prezzo politico del<br />
pane, è costretto a indire nuove elezioni politiche nel maggio del 1921.<br />
Il nuovo Parlamento si rivelò ancora più debole e frammentato<br />
del precedente con ben 11 gruppi politici in radicale contrasto fra di