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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA ... - agregat

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Capitolo III Il festival sottotitolato Human Rights Nights 76<br />

differenze si sono riflettute anche nell’approccio traduttivo nei confronti di queste<br />

opere, richiedendo strategie e scelte diverse.<br />

Come già notava Mangani, 57 la conoscenza del genere di prodotto audiovisivo<br />

da sottotitolare si rivela elemento indispensabile per orientare il lavoro del traduttore.<br />

Sapere a quale genere appartiene l'opera aiuta senz'altro farsi un'idea sull'audience<br />

alla quale verrà indirizzata la traduzione e quindi contribuisce a determinare la scelta<br />

dello stile e del registro da adottare, ma anche per la scelta dei metodi di adattamento<br />

della traduzione in forma di sottotitoli.<br />

Tra gli altri, De Linde (1999) e Kovačič (1995) sottolineano la necessità della<br />

conoscenza del genere per assicurare la qualità dei sottotitoli. Kovačič sostiene che<br />

la strategia da applicare per la risoluzione di problemi legati alla creazione di<br />

sottotitoli dipende prima di tutto dal tipo di programma e dall'audience prevista, De<br />

Linde infine afferma che nessuna delle pratiche di traduzione dei prodotti<br />

multimediali è eminentemente linguistica e che, per capire il processo di<br />

integrazione dei sottotitoli con il film, ossia della pellicola o traccia digitale con la<br />

struttura schematica del prodotto, bisogna avere una “basic appreciation of the film<br />

medium”.<br />

Le caratteristiche del genere da qui l'opera appartiene sono una buona<br />

indicazione di lavoro, perché l’appartenenza ad un genere o ad un altro comporta sì<br />

l’utilizzo di tecniche e montaggi diversi, ma riguarda anche gli obiettivi che l’opera<br />

si pone e gli strumenti utili al fine di perseguire tali obiettivi.<br />

L’avventura è sia in ciò che si va a guardare e filmare sia nel modo in cui lo si fa; la non<br />

fiction è quel tipo di cinema che si oppone alla fiction in quanto costituisce sullo<br />

schermo un universo “manipolato” pur sempre, e inevitabilmente, ma che conserva o<br />

pretende di conservare un legame diretto con la realtà riprodotta, stabilendo con lo<br />

spettatore un patto che gli fa dire: “È Vero, oltre che verosimile, e ci credo; mentre lo<br />

spettatore della fiction dice piuttosto: “Non è vero, benché verosimile, tuttavia ci<br />

credo.”<br />

Aprà (1997:7)<br />

57 Mangani; I.” Il sottotitolaggio del documentario “in my own skin”, living as an arab in<br />

america.”2002, tesi non pubblicata, SSLMIT, Università degli studi di Bologna, Forlì.

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