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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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le cose altrui, o dal troppo volere sforzare l’ingegno; essendo che nell’andar di passo e come porge<br />

la natura, senza mancar però di studio e diligenza, pare che sia miglior modo che il voler cavar le<br />

cose quasi per forza dell’ingegno dove non sono: onde è vero che anco nell’altre arti, e<br />

massimamente negli scritti, troppo bene si conosce l’affettazione, e per dir così, il troppo studio in<br />

ogni cosa. Scopertasi dunque l’opera dei Dossi, ella fu di maniera ridicola che si partirono con<br />

vergogna da quel signore; il quale fu forzato a buttar in terra tutto quello che avevano lavorato e<br />

farlo da altri ridipignere con il disegno del Genga. In ultimo fecero costoro nel Duomo di Faenza,<br />

per messer Giovambattista cavaliere de’ Buosi, una molto bella tavola d’un Cristo che disputa nel<br />

tempio; nella quale opera vinsero se stessi per la nuova maniera che vi usarono, e massimamente<br />

nel ritratto di detto cavaliere e d’altri. La qual tavola fu posta in quel luogo l’anno 1536. Finalmente<br />

divenuto Dosso già vecchio, consumò gl’ultimi anni senza lavorare, essendo insino all’ultimo della<br />

vita provisionato dal duca Alfonso. Finalmente, dopo lui rimase Battista, che lavorò molte cose da<br />

per sé, mantenendosi in buono stato. E Dosso fu sepellito in Ferrara sua patria.<br />

Visse ne’ tempi medesimi il Bernazzano Milanese, eccellentissimo per far paesi, erbe, animali, et<br />

altre cose, terrestri, volatili et acquatici. E perché non diede molta opera alle figure, come quello che<br />

si conosceva imperfetto, fece compagnia con Cesare da Sesto, che le faceva molto bene e di bella<br />

maniera. Dicesi che il Bernazzano fece in un cortile a fresco certi paesi molto [<strong>II</strong>. 182] belli e tanto<br />

bene imitati, che essendovi dipinto un fragoleto pieno di fragole mature, acerbe e fiorite, alcuni<br />

pavoni, ingannati dalla falsa apparenza di quelle, tanto spesso tornarono a beccarle che bucarono la<br />

calcina dell’intonaco.<br />

<strong>VITA</strong> <strong>DI</strong> GIOVANNI ANTONIO LICINIO<br />

<strong>DA</strong> PORDENONE<br />

E D’ALTRI PITTORI DEL FRIULI<br />

[<strong>II</strong>. 183] Pare, sì come si è altra volta a questo proposito ragionato, che la natura benigna, madre di<br />

tutti, faccia alcuna fiata dono di cose rarissime ad alcuni luoghi che non ebbero mai di cotali cose<br />

alcuna conoscenza, e ch’ella faccia anco talora nascere in un paese di maniera gl’uomini inclinati al<br />

disegno et alla pittura, che senza altri maestri, solo imitando le cose vive e naturali, divengono<br />

eccellentissimi; et adiviene ancora bene spesso che, cominciando un solo, molti si mettono a far a<br />

concorrenza di quello, e tanto si affaticano, senza veder Roma, Fiorenza o altri luoghi pieni di<br />

notabili pitture, per emulazione l’un dell’altro, che si veggiono da loro uscir opere maravigliose. Le<br />

quali cose si veggiono essere avvenute nel Friuli particularmente, dove sono stati a’ tempi nostri - il<br />

che non si era veduto in que’ paesi per molti secoli - infiniti pittori eccellenti mediante un così fatto<br />

principio.<br />

Lavorando in Vinezia, come si è detto, Giovan Bellino, et insegnando l’arte a molti, furono suoi<br />

discepoli, et emuli fra loro, Pellegrino da Udine, che fu poi chiamato, come si dirà, da San Daniello,<br />

e Giovanni Martini da Udine. Per ragionar dunque primieramente di Giovanni, costui imitò sempre<br />

la maniera del Bellini, la quale era crudetta, tagliente e secca tanto che non poté mai addolcirla né<br />

far morbida, per pulito e diligente che fusse. E ciò poté avvenire perché andava dietro a certi<br />

riflessi, barlumi et ombre, che, dividendo in sul mezzo de’ rilievi, venivano a terminare l’ombre coi<br />

lumi a un tratto, in modo che il colorito di tutte l’opere sue fu sempre crudo e spiacevole, se bene si<br />

affaticò per imitar con lo studio e con l’arte la natura. Sono di mano di costui molte opere nel Friuli<br />

in più luoghi, e particularmente nella città d’Udine, dove nel Duomo è in una tavola lavorata a olio<br />

un San Marco che siede, con molte figure attorno: e questa è tenuta di quante mai ne fece la<br />

migliore. Un’altra n’è nella chiesa de’ frati di S. Pier Martire all’altare di S. Orsola, nella quale è la

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