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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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San Marco ha dipinto nella sala del Doge le Sibille, i Profeti, le Virtù cardinali, e Cristo con le<br />

Marie, che gli sono state infinitamente lodate. E nella già detta Libraria di San Marco fece due<br />

storie grandi, a concorrenza degli altri pittori di Vinezia, de’ quali si è ragionato di sopra. Essendo<br />

chiamato a Roma dal cardinale Emulio dopo la morte di Francesco, finì una delle maggiori storie<br />

che sieno nella detta sala dei Re, e ne cominciò un’altra; e dopo, essendo morto papa Pio Quarto, se<br />

ne tornò a Venezia, dove gli ha dato la Signoria a dipignere in palazzo un palco pieno di quadri a<br />

olio, il quale è a sommo delle scale nuove. Il medesimo ha dipinto sei molto belle tavole a olio: una<br />

in San Francesco della Vigna, all’altare della Madonna; la seconda nella chiesa de’ Servi all’altar<br />

maggiore; la terza ne’ Fra’ Minori; la quarta nella Madonna dell’Orto; la quinta a San Zacaria, e la<br />

sesta a San Moisè; e due n’ha fatto a Murano, che sono belle e fatte con molta diligenza e bella<br />

maniera. Di questo Giuseppe, il quale ancor vive e si fa eccellentissimo, non dico altro per ora, se<br />

non che, oltre alla pittura, attende con molto studio alla geometria; e di sua mano è la voluta del<br />

capitel ionico che oggi mostra in stampa come si deve girare secondo la misura antica; e tosto<br />

doverà venire in luce un’opra che ha composto delle cose di geometria. Fu anche discepolo di<br />

Francesco un Domenico Romano, che gli fu di grande aiuto nella sala che fece in Fiorenza et in<br />

altre opere, et il quale sté l’anno 1550 col signor Giuliano Cesarino, e non lavora da sé solo.<br />

<strong>VITA</strong> <strong>DI</strong> <strong>DA</strong>NIELLO RICCIARELLI <strong>DA</strong> VOLTERRA<br />

<strong>Pittore</strong> e <strong>Scultore</strong><br />

[<strong>II</strong>. 676] Avendo Daniello, quando era giovanetto, imparato alquanto a disegnare da Giovanni<br />

Antonio Soddoma, il quale andò a fare in quel tempo alcuni lavori in quella città, partito che si fu,<br />

fece esso Daniello molto migliore e maggiore acquisto sotto Baldassarre Peruzzi che sotto la<br />

disciplina di esso Soddoma fatto non aveva. Ma per vero dire, con tutto ciò non fece per allora gran<br />

riuscita; e questo perciò che quanto metteva fatica e studio, spinto da una gran voglia, in cercando<br />

d’apparare, altr’e tanto all’incontro il serviva poco l’ingegno e la mano; onde nelle sue prime opere<br />

che fece in Volterra si conosce una grandissima, anzi infinita fatica, ma non già principio di bella e<br />

[<strong>II</strong>. 677] gran maniera, né vaghezza, né grazia, né invenzione, come si è veduto a buon’ora in molti<br />

altri che sono nati per essere dipintori, i quali hanno mostro anco ne’ primi principii facilità,<br />

fierezza e saggio di qualche buona maniera. Anzi le prime cose di costui mostrano essere state fatte<br />

veramente da un malinconico, essendo piene di stento e condotte con molta pazienza e lunghezza di<br />

tempo. Ma venendo alle sue opere, per lasciar quelle delle quali non è da far conto, fece nella sua<br />

giovanezza in Volterra a fresco la facciata di messer Mario Maffei, di chiaro scuro, che gli diede<br />

buon nome e gli acquistò molto credito; la quale poi che ebbe finita, vedendo non aver quivi<br />

concorrenza che lo spignesse a cercare di salire a miglior grado, e non essere in quella città opere né<br />

antiche né moderne, dalle quali potesse molto imparare, si risolvette di andare per ogni modo a<br />

Roma, dove intendeva che allora non erano molti che attendessero alla pittura, da Perino del Vaga<br />

in fuori. Ma prima che partisse, andò pensando di voler portare alcun’opera finita che lo facesse<br />

conoscere; e così avendo fatto in una tela un Cristo, a olio, battuto alla colonna con molte figure, e<br />

messovi in farlo tutta quella diligenza che è possibile, servendosi di modelli e ritratti dal vivo, lo<br />

portò seco. E giunto in Roma, non vi fu stato molto, che per mezzo d’amici mostrò al cardinale<br />

Triulzi quella pittura, la quale in modo gli sodisfece, che non pure la comperò, ma pose grandissima<br />

affezzione a Daniello, mandandolo poco appresso a lavorare dove avea fatto fuor di Roma a un suo<br />

casale, detto Salone, un grandissimo casamento, il quale faceva adornare di fontane, stucchi e<br />

pitture, e dove apunto allora lavoravano Gianmaria da Milano et altri alcune stanze di stucchi e<br />

grottesche. Qui dunque giunto Daniello, sì per la concorrenza e sì per servire quel signore, dal quale<br />

poteva molto onore et utile sperare, dipinse in compagnia di coloro diverse cose in molte stanze e

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