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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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ancora un putto di stoppa et un cecero bellissimo quanto si può, di marmo, per il medesimo messer<br />

Giovanni Gaddi, con molt’altre cose che sono in casa sua; et a messer Bindo Altoviti fece fare un<br />

camino di spesa grandissima, tutto di macigno, intagliato da Benedetto da Rovezzano, che fu posto<br />

nelle case sue di Firenze; dove al Sansovino fece fare una storia di figure piccole per metterla nel<br />

fregio di detto camino, con Vulcano et altri Dei, che fu cosa rarissima. Ma molto più begli sono due<br />

putti di marmo che erano sopra il fornimento di questo camino, i quali tenevano alcune arme delli<br />

Altoviti in mano: i quali ne sono stati levati dal signor don Luigi di Toledo, che abita la casa di<br />

detto messer Bindo, e posti intorno a una fontana nel suo giardino in Fiorenza dietro a’ frati de’<br />

Servi. Due altri putti pur di marmo di straordinaria bellezza sono di mano del medesimo in casa<br />

Giovanfrancesco Ridolfi, i quali tengono similmente un’arme. Le quali tutte opere feciono tenere il<br />

Sansovino da tutta Fiorenza e da quelli dell’arte eccellentissimo e grazioso maestro. Per lo che<br />

Giovanni Bartolini, avendo fatto murare nel suo giardino di Gualfonda una casotta, volse che il<br />

Sansovino gli facesse di marmo un Bacco giovinetto, quanto il vivo; per che dal Sansovino fattone<br />

il modello, piacque tanto a Giovanni, che fattogli consegnare il marmo, Iacopo lo cominciò con<br />

tanta voglia, che lavorando volava con le mani e con l’ingegno. Studiò, dico, quest’opera di<br />

maniera, per farla perfetta, che si mise a ritrarre dal vivo, ancorché fusse di verno, un suo garzone,<br />

chiamato Pippo del Fabbro, facendolo stare ignudo buona parte del giorno. Il quale Pippo sarebbe<br />

riuscito valente uomo, perché si sforzava con ogni fatica d’imitare il maestro: [<strong>II</strong>. 826] ma, o fusse<br />

lo stare nudo e con la testa scoperta in quella stagione, o pure il troppo studiare e patir disagi, non fu<br />

finito il Bacco che egli impazzò in sulla maniera del fare l’attitudini; e lo mostrò, perché un giorno<br />

che pioveva dirottamente, chiamando il Sansovino Pippo, et egli non rispondendo, lo vidde poi<br />

salito sopra il tetto in cima d’un camino, ignudo, che faceva l’attitudine del suo Bacco; altre volte<br />

pigliando lenzuola o altri panni grandi, e’ quali bagnati se gli recava adosso all’ignudo, come fusse<br />

un modello di terra o cenci, et acconciava le pieghe, poi salendo in certi luoghi strani et arrecandosi<br />

in attitudini or d’una or d’altra maniera, di profeta, d’apostolo, di soldato o d’altro, si faceva ritrarre,<br />

stando così lo spazio di due ore senza favellare e non altrimenti che se fusse stato una statua<br />

immobile. Molte altre simili piacevoli pazzie fece il povero Pippo, ma sopra tutto mai non si poté<br />

dimenticare il Bacco che avea fatto il Sansovino, se non quando in pochi anni si morì. Ma tornando<br />

alla statua, condotta che fu a fine, fu tenuta la più bella opera che fusse mai fatta da maestro<br />

moderno, attesoché ‘l Sansovino mostrò in essa una difficultà, non più usata, nel fare spiccato<br />

intorno intorno un braccio in aria che tiene una tazza del medesimo marmo, traforata tra le dita tanto<br />

sottilmente che se ne tien molto poco, oltre che per ogni verso è tanto ben disposta et accordata<br />

quella attitudine, e tanto ben proporzionate e belle le gambe e le braccia attaccate a quel torso, che<br />

pare nel vederlo e toccarlo molto più simile alla carne: intantoché quel nome che gl’ha, da chi lo<br />

vede, se gli conviene, et ancor molto più. Quest’opera, dico, finita che fu, mentre che visse<br />

Giovanni, fu visitata in quel cortile di Gualfonda da tutti i terrazzani e forestieri, e molto lodata. Ma<br />

poi, essendo Giovanni morto, Gherardo Bartolini suo fratello la donò al duca Cosimo, il quale come<br />

cosa rara la tiene nelle sue stanze con altre bellissime statue che ha di marmo. Fece al detto<br />

Giovanni un Crocifisso di legno, molto bello, che è in casa loro con molte cose antiche e di man di<br />

Michelagnolo.<br />

Avendosi poi l’anno 1514 a fare un ricchissimo apparato in Fiorenza per la venuta di papa Leone X,<br />

fu dato ordine dalla Signoria e da Giuliano de’ Medici che si facessero molti archi trionfali di legno<br />

in diversi luoghi della città. Onde il Sansovino non solo fece i disegni di molti, ma tolse in<br />

compagnia Andrea del Sarto a fare egli stesso la facciata di Santa Maria del Fiore, tutta di legno,<br />

con statue e con istorie et ordine d’architettura, nel modo apunto che sarebbe ben fatto ch’ella<br />

stesse, per tòrne via quello che vi è di componimento et ordine tedesco. Per che messovi mano (per<br />

non dire ora alcuna cosa della coperta di tela che per San Giovanni et altre feste solennissime soleva<br />

coprire la piazza di Santa Maria del Fiore e di esso San Giovanni, essendosi di ciò in altro luogo<br />

favellato a bastanza), dico che sotto queste tende aveva ordinato il Sansovino la detta facciata di<br />

lavoro corinto, e che, fattala a guisa d’arco trionfale, aveva messo sopra un grandissimo<br />

imbasamento da ogni banda le colonne doppie, con certi nicchioni fra loro pieni di figure tutte tonde

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