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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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certo modo nome d’ingrato verso quel Papa, che l’amò e favorì tanto. Di che egli alla sepoltura<br />

ritornato, quella di continuo lavorando, e parte mettendo in ordine disegni da potere condurre le<br />

facciate della Cappella, volse la fortuna invidiosa che di tal memoria non si lasciasse quel fine che<br />

di tanta perfezzione aveva avuto principio: perché successe in quel tempo la morte di papa Giulio;<br />

onde tal cosa si misse in abandono per la creazione di papa Leone Decimo, il quale, d’animo e<br />

valore non meno splendido che Giulio, aveva desiderio di lasciare nella patria sua, per essere stato il<br />

primo Pontefice di quella, in memoria di sé e d’uno artefice divino e suo cittadino, quelle<br />

meraviglie che un grandissimo principe come esso poteva fare. Per il che, dato ordine che la<br />

facciata di S. Lorenzo di Fiorenza, chiesa dalla casa de’ Medici fabricata, si facesse per lui, fu<br />

cagione che il lavoro della sepoltura di Giulio rimase imperfetto, e richiese Michelagnolo di parere<br />

e disegno e che dovesse essere egli il capo di questa opera. Dove Michelagnolo fe’ tutta quella<br />

resistenza che potette, allegando essere obligato per la sepoltura [a] Santiquattro et Aginense. Gli<br />

rispose che non pensassi a questo, che già aveva pensato egli et operato che Michelagnolo fussi<br />

licenziato da loro, promettendo che Michelagnolo lavorerebbe a Fiorenza, come già aveva<br />

cominciato, le figure per detta sepoltura: che tutto fu con dispiacere de’ cardinali e di Michelagnolo,<br />

che si partì piangendo. Onde varî et infiniti furono i ragionamenti che circa ciò seguirono, perché<br />

tale opera della facciata averebbono voluto compartire in più persone. E per l’architettura<br />

concorsero molti artefici a Roma al Papa, e fecero disegni Baccio d’Agnolo, Antonio da San Gallo,<br />

Andrea e Iacopo Sansovino, il grazioso Raffaello da Urbino, il quale nella venuta del Papa fu poi<br />

condotto a Fiorenza per tale effetto. Laonde Michelagnolo si risolse di fare un modello e non volere<br />

altro che lui, in tal cosa, superiore o guida dell’architettura. Ma questo non volere aiuto fu cagione<br />

che né egli né altri operasse, e que’ maestri, disperati, ai loro soliti esercizii si ritornassero. E<br />

Michelagnolo, andando a Carrara, passò da Fiorenza, con una comissione che da Iacopo Salviati gli<br />

fussino pagati mille scudi; ma essendo nella giunta sua serrato Iacopo in camera per faccende con<br />

alcuni cittadini, Michelagnolo non volle aspettare l’udienza, ma si partì senza far motto e sùbito<br />

andò a Carrara. Intese Iacopo dello arrivo di Michelagnolo, e non lo trovando in Fiorenza, gli<br />

mandò [<strong>II</strong>. 738] i mille scudi a Carrara. Voleva il mandato che gli facesse la ricevuta; al quale disse<br />

che erano per la spesa del Papa e non per interesso suo: che gli riportasse, ché non usava far<br />

quitanza né riceute per altri; onde per tema colui ritornò senza a Iacopo.<br />

Mentre che egli era a Carrara e che e’ faceva cavar marmi non meno per la sepoltura di Giulio che<br />

per la facciata, pensando pur di finirla, gli fu scritto che, avendo inteso papa Leone che nelle<br />

montagne di Pietrasanta a Seravezza, sul dominio fiorentino, nella altezza del più alto monte,<br />

chiamato l’Altissimo, erano marmi della medesima bontà e bellezza che quelli di Carrara: e già lo<br />

sapeva Michelagnolo, ma pareva che non ci volesse attendere, per essere amico del marchese<br />

Alberigo signore di Carrara, e per fargli beneficio volessi più tosto cavare de’ carraresi che di quegli<br />

di Seravezza, o fusse che egli la giudicasse cosa lunga e da perdervi molto tempo, come intervenne;<br />

ma pure fu forzato andare a Seravezza, se bene allegava in contrario che ciò fussi di più disagio e<br />

spesa, come era, massimamente nel suo principio, e di più che non era forse così. Ma in effetto non<br />

volse udirne parola; però convenne fare una strada di parecchi miglia per le montagne, e per forza di<br />

mazze e picconi rompere massi per ispianare, e con palafitta ne’ luoghi paludosi: ove spese molti<br />

anni Michelagnolo per esseguire la volontà del Papa, e vi si cavò finalmente cinque colonne di<br />

giusta grandezza, che una n’è sopra la piazza di San Lorenzo in Fiorenza, l’altre sono alla marina. E<br />

per questa cagione il marchese Alberigo, che si vedde guasto l’aviamento, diventò poi gran nemico<br />

di Michelagnolo senza sua colpa. Cavò oltre a queste colonne molti marmi, che sono ancora in sulle<br />

cave stati più di trenta anni. Ma oggi il duca Cosimo ha dato ordine di finire la strada, che ci è<br />

ancora dua miglia a farsi, molto malagevole, per condurre questi marmi, e di più da un’altra cava<br />

eccellente per marmi che allora fu scoperta da Michelagnolo, per poter finire molte belle imprese; e<br />

nel medesimo luogo di Seravezza ha scoperto una montagna di mischii durissimi e molti begli sotto<br />

Stazema, villa in quelle montagne, dove ha fatto fare il medesimo duca Cosimo una strada siliciata<br />

di più di quattro miglia per condurli alla marina. E tornando a Michelagnolo, che se ne tornò a<br />

Fiorenza, perdendo molto tempo ora in questa cosa et ora in quell’altra, et allora fece per il palazzo

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