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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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DESCRIZIONE DELLA PORTA AL PRATO<br />

[<strong>II</strong>. 882] Diremo adunque, con quella maggior distinzione e brevità che dall’ampiezza della materia<br />

ne sarà concesso, che intenzione in tutti questi ornamenti fu di rappresentare con tante pitture e<br />

scolture, quasi che vive fussero, tutte quelle cirimonie et affetti e pompe che per il ricevimento e per<br />

le nozze di Principessa sì grande pareva che convenevoli esser dovessero, poeticamente et<br />

ingegnosamente formandone un corpo in tal guisa proporzionato, che con giudizio e grazia i<br />

disegnati effetti operasse. E però primieramente alla Porta che al Prato si chiama, onde Sua Altezza<br />

nella città introdursi doveva, con mole veramente eroica e che ben dimostrava l’antica Roma<br />

nell’amata sua figliuola Fiorenza risurgere, d’architettura ionica si fabbricò un grandissimo et<br />

ornatissimo e molto maestrevolmente composto antiporto, che eccedendo di buono spazio l’altezza<br />

delle mura, che ivi eminentissime sono, non pure agl’entranti nella città, ma lontano ancora<br />

alquante miglia dava di sé meravigliosa e superbissima vista. Et era questo dedicato a Fiorenza, la<br />

quale in mez[z]o a quasi due sue amate compagne, la Fedeltà e l’Affezione (quale ella sempre verso<br />

i suoi Signori si è dimostra), sotto forma d’una giovane e bellissima e ridente e tutta fiorita donna,<br />

nel principale e più degno luogo e più alla Porta vicino era stata dicevolmente collocata, quasi che<br />

ricevere et introdurre et accompagnare la novella sua Signora volesse, avendo, per dimostrazione<br />

de’ figliuoli suoi che per arte militare fra l’altre illustre renduta l’hanno, quasi ministro e compagno<br />

seco menato Marte, lor duce e maestro et in un certo modo primo di lei padre, poi che sotto i suoi<br />

auspicii, e da uomini marziali e che da Marte eran discesi, fu fatta la sua prima fondazione; la cui<br />

statua da man destra, nella parte più a lei lontana, con la spada in mano, quasi in servizio di questa<br />

sua novella signora adoperar la volesse, tutto minaccioso si scorgeva; avendo in una molto bella e<br />

molto gran tela, che di chiaro e scuro sotto a’ piedi dipinta gli stava, molto a bianchissimo marmo -<br />

sì come tutte l’altre opere che in questi ornamenti furono simigliante, ancor egli quasi condotto seco<br />

ad accompagnar la sua Fiorenza parte di quegl’uomini della invittissima Legion Marzia, tanto al<br />

primo et al secondo Cesare accetta, primi di lei fondatori, e parte di quelli che, di lei poi nati,<br />

avevano la sua disciplina gloriosamente seguitato. E di questi molti del suo tempio (benché oggi per<br />

la religion cristiana a San Giovanni dedicato sia) si vedevano tutti lieti uscire, avendo nelle più<br />

lontane parti collocato quelli che sol per valor di corpo pareva che nome avuto avessero; nella parte<br />

di mezzo gl’altri poi che col consiglio e con l’industria, come commessarii o proveditori (alla<br />

veneziana chiamandogli), erano stati famosi; e nella parte dinanzi e più agl’occhi vicina, come di<br />

tutti più degni, ne’ più degni luoghi avendo i capitani degl’eserciti posti e quegli che col valor del<br />

corpo e dell’animo insieme avevano chiaro grido e fama immortale [<strong>II</strong>. 883] acquistatosi: fra ‘ quali<br />

il primo et il più degno forse si scorgeva, come molt’altri a cavallo, il glorioso signor Giovanni de’<br />

Medici dal natural ritratto, padre degnissimo del gran Cosimo, che noi onoriamo per ottimo e<br />

valorosissimo Duca, maestro singolare dell’italiana militar disciplina; e con lui Filippo Spano, terror<br />

della turchesca barbarie, e messer Farinata degl’Uberti, magnanimo conservatore della sua patria<br />

Fiorenza. Eravi ancora messer Buonaguisa della Pressa, quegli che, capo della fortissima gioventù<br />

fiorentina, meritando a Damiata la prima e gloriosa corona murale, s’acquistò tanto nome; e<br />

l’ammiraglio Federigo Folchi, cavalier di Rodi, che co’ duoi figliuoli ed otto nipoti suoi fece contro<br />

a’ Saracini tante prodezze. Eravi messer Nanni Strozzi, messer Manno Donati, e Meo Altoviti e<br />

Bernardo Ubaldini, detto della Carda, padre di Federigo duca d’Urbino, capitano eccellentissimo<br />

de’ tempi nostri. Eravi ancora il gran contestabile messer Niccola Acciaiuoli, quegli che si può dire<br />

che conservasse alla regina Giovanna et al re Luigi suoi signori il travagliato Regno di Napoli, e che<br />

ivi et in Sicilia s’adoperò sempre con tanta fedeltà e valore. Eravi un altro Giovanni de’ Medici e<br />

Giovanni Bisdomini, illustri molto nelle guerre co’ Visconti, e lo sfortunato ma valoroso Francesco<br />

Ferrucci; e de’ più antichi v’era messer Forese Adimari, messer Corso Donati, messer Veri de’<br />

Cerchi, messer Bindaccio da Ricasoli e messer Luca da Panzano. Fra i commessarii poi, non meno<br />

pur da natural ritratti, vi si scorgeva Gino Capponi, con Neri suo figliuolo e con Piero suo<br />

pronepote, quegli che, tanto animosamente stracciando gl’insolenti capitoli di Carlo Ottavo re di

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