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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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ella invenzione, che si credette che dagli antichi in qua Roma non avessi veduto meglio. Ma, come<br />

s’è detto, dell’altro corridore rimasero solo i fondamenti, ed è penato a finirsi fino a questo giorno<br />

che Pio <strong>II</strong><strong>II</strong> gli ha dato quasi perfezzione. Fecevi ancora la testata, che è in Belvedere allo antiquario<br />

delle statue antiche, con l’ordine delle nicchie; e nel suo tempo vi si messe il Laoconte, statua antica<br />

rarissima, e lo Apollo e la Venere; che poi il resto delle statue furon poste da Leone X, come il<br />

Tevere e ‘l Nilo e la Cleopatra, e da Clemente V<strong>II</strong> alcune altre, e nel tempo di Paulo <strong>II</strong>I e di Giulio<br />

<strong>II</strong>I fattovi molti acconcimi d’importanzia con grossa spesa. E tornando a Bramante, s’egli non<br />

avessi avuto i suoi ministri avari, egli era molto spedito et intendeva maravigliosamente la cosa del<br />

fabricare; e questa muraglia di Belvedere fu da lui con grandissima prestezza condotta: et era tanta<br />

la furia di lui che faceva e del Papa che aveva voglia che tali fabriche non si murassero ma<br />

nascessero, che i fondatori portavano di notte la sabbia e il pancone fermo della terra, e la cavavano<br />

di giorno in presenza a Bramante, perch’egli senza altro vedere faceva fondare. La quale<br />

inavvertenza fu cagione che le sue fatiche sono tutte crepate e stanno a pericolo di ruinare, come<br />

fece questo medesimo corridore, del quale un pezzo di braccia ottanta ruinò a terra al tempo di<br />

Clemente V<strong>II</strong>, e fu rifatto poi da papa Paulo <strong>II</strong>I, et egli ancora lo fece rifondare e ringrossare. Sono<br />

di suo in Belvedere molte altre salite di scale, variate secondo i luoghi suoi alti e bassi, cosa<br />

bellissima, con ordine dorico, ionico e corintio: opera condotta con somma grazia; et aveva di tutto<br />

fatto un modello che dicono essere stato cosa maravigliosa, come ancora si vede il principio di tale<br />

opera così imperfetta. Fece oltra questo una scala a chiocciola su le colonne che salgono, sì che a<br />

cavallo vi si cammina, nella quale il dorico entra nello ionico e così nel corintio, e de l’uno salgono<br />

ne l’altro: cosa condotta con somma grazia e con artifizio certo eccellente, la quale non gli fa manco<br />

onore che cosa che sia quivi di man sua. Questa invenzione è stata cavata da Bramante de San<br />

Niccolò di Pisa, come si disse nella Vita di Giovanni e Niccola Pisani. Entrò Bramante in capriccio<br />

di fare in Belvedere, in un fregio nella facciata di fuori, alcune lettere a guisa di ieroglifi antichi, per<br />

dimostrare maggiormente l’ingegno ch’aveva e per mettere il nome di quel Pontefice e ‘l suo; e<br />

aveva così cominciato: IULIO <strong>II</strong> PONT. MASSIMO, et aveva fatto fare una testa in profilo di Iulio<br />

Cesare, e con due archi un ponte che diceva: IULIO <strong>II</strong> PONT., et una aguglia del Circolo Massimo<br />

per MAX. Di che il Papa si rise, e gli fece fare le lettere d’un braccio che ci sono oggi alla antica,<br />

dicendo che l’aveva cavata questa scioccheria da Viterbo sopra una porta, dove un maestro<br />

Francesco architettore messe il suo nome in uno architrave intaglia[<strong>II</strong>. 31]to così, che fece un San<br />

Francesco, un arco, un tetto et una torre, che rilevando diceva a modo suo: MAESTRO<br />

FRANCESCO ARCHITETTORE. Volevagli il Papa per amor della virtù sua della architettura gran<br />

bene. Per il che meritò dal detto Papa, che sommamente lo amava per le sue qualità, di essere fatto<br />

degno dell’ufficio del Piombo, nel quale fece uno edificio da improntar le bolle con una vite molto<br />

bella. Andò Bramante ne’ servizii di questo pontefice a Bologna quando l’anno 1504 ella tornò alla<br />

Chiesa, e si adoperò in tutta la guerra della Mirandola a molte cose ingegnose e di grandissima<br />

importanza. Fe’ molti disegni di piante e di edifizii, che molto bene erano disegnati da lui, come nel<br />

nostro libro ne appare alcuni ben misurati e fatti con arte grandissima. Insegnò molte cose<br />

d’architettura a Raffaello da Urbino, e così gli ordinò i casamenti che poi tirò di prospettiva nella<br />

camera del Papa, dov’è il monte di Parnaso, nella qual camera Raffaello ritrasse Bramante che<br />

misura con certe seste.<br />

Si risolvé il Papa di mettere in strada Giulia, da Bramante indrizzata, tutti gli uffici e le ragioni di<br />

Roma in un luogo, per la commodità ch’ai negoziatori averia recato nelle faccende, essendo<br />

continuamente fino allora state molto scomode. Onde Bramante diede principio al palazzo ch’a San<br />

Biagio sul Tevere si vede, nel quale è ancora un tempio corintio non finito, cosa molta rara, et il<br />

resto del principio di opera rustica bellissimo: che è stato gran danno che una sì onorata et utile e<br />

magnifica opra non si sia finita, ché da quelli della professione è tenuto il più bello ordine che si sia<br />

visto mai in quel genere. Fece ancor a San Pietro a Montorio di trevertino, nel primo chiostro, un<br />

tempio tondo, del quale non può di proporzione, ordine e varietà imaginarsi e di grazia il più<br />

garbato né meglio inteso; e molto più bello sarebbe se fusse tutta la fabbrica del chiostro, che non è<br />

finita, condotta come si vede in uno suo disegno. Fece fare in Borgo il palazzo che fu di Raffaello

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