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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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il tedio che a’ lettori, replicando, venir ne potrebbe, andrò senza più dirne trapassandoli. Quali e<br />

quel che ivi a fare venuti fussero, come negl’altri, da’ quattro soprascritti versi fu dichiarato: [<strong>II</strong>.<br />

889]<br />

NON PICTURA SATIS, NON POSSUNT MARMORA ET AERA<br />

TUSCAQUE NON ARCUS TESTARI INGENTIA FACTA<br />

ATQUE EA PRAECIPUE QUAE MOX VENTURA TRAHUNTUR.<br />

QUIS NUNC PRAXITELES COELET, QUIS PINGAT APELLES?<br />

Ora, nel basamento di tutte queste sei grandissime e bellissime tele si vedeva dipinto una graziosa<br />

schiera di fanciulletti, che, ciascuno nella sua professione alla sopraposta tela accomodata<br />

essercitandosi, pareva, oltre all’ornamento, che molto accuratamente mostrassero con quali principii<br />

alla perfezione de’ sopra dipinti uomini si pervenisse; sì come giudiziosamente e con singolare arte<br />

furono le medesime tele scompartite ancora et ornate da altissime e tonde colonne, e da pilastri e da<br />

diverse troferie, tutte alle materie a cui vicine erano accomodate. Ma graziose e vaghe apparvero<br />

massimamente le diece imprese, o per meglio dire i diece quasi rovesci di medaglie, parte vecchi<br />

della città e parte nuovamente ritrovati, che negli spartimenti, sopra le colonne dipinti, andavano le<br />

descritte statue dividendo e l’invenzione di esse molto argutamente accompagnando; il primo de’<br />

quali era la deduzione d’una Colonia, significata con un toro e con una vacca insieme ad un giogo e<br />

con l’arator dietro col capo velato, quali si veggono gl’antichi Auguri, col ritorto lituo in mano e<br />

con la sua anima che diceva: COL. IVL. FLORENTIA. Il secondo, e questo è antichissimo della<br />

città e con cui ella le cose publiche suggellar suole, era l’Ercole con la clava e con la pelle del Leon<br />

Nemeo, senz’altro motto. Ma il terzo era il caval Pegaseo, che co’ piè di dietro percoteva l’urna<br />

tenuta da Arno nel modo che si dice del fonte d’Elicone, onde uscivano abbondantissime acque che<br />

formavano un chiarissimo fiume, tutto di cigni ripieno, senz’anima anch’esso. Sì come anche il<br />

quarto, che era composto d’un Mercurio col caduceo in mano e con la borsa e col gallo, quale in<br />

molte corniuole antiche si vede. Ma il quinto, accomodandosi a quell’Affezione, che, come nel<br />

principio si disse, fu per compagna a Fiorenza data, era una giovane donna messa in mez[z]o e<br />

laureata da due che, del militar paludamento adorni e di laurea ghirlanda anch’essi incoronati,<br />

sembravano essere o consoli o imperadori, con le sue parole che dicevano: GLORIA POP.<br />

FLOREN. Sì come il sesto, accomodandosi in simil guisa alla Fedeltà, di Fiorenza anch’ella<br />

compagna, era similmente d’una femmina a seder posta figurato, che con un altare vicino, sopra il<br />

quale pareva che mettesse l’una delle mani, e con l’altra alzata, tenendo il secondo dito elevato alla<br />

guisa che comunemente giurar si vede, pareva che col motto di FIDES POP. FLOR. dichiarasse<br />

l’intenzion sua. Il che faceva anche la pittura del settimo, senza motto, che erano i duoi corni di<br />

Dovizia pieni di spighe intrecciate insieme. E lo faceva l’ottavo, pur senza motto, con le tre Arti:<br />

Pittura, Scoltura et Architettura, che, a guisa delle tre Grazie prese per mano, denotando la<br />

dependenzia che l’una arte ha dall’altra, erano sur una base in cui si vedeva scolpito un Capricorno,<br />

non meno dell’altre leggiadramente poste. Facevalo ancora il nono, più verso l’Arno collocato, che<br />

era la solita Fiorenza col suo Leone a canto, a cui erano da alcune persone circunstanti offerti<br />

diversi rami d’alloro, grate quasi del benefizio dimostrandosi, poiché ivi le lettere, come si disse, a<br />

risurgere incomincia[<strong>II</strong>. 890]rono. E lo faceva il decimo et ultimo, col suo motto che diceva:<br />

TRIBUS CAPTIVA, che fu la propria d’Augusto suo conditore, scritto sur uno scudo tenuto da un<br />

leone, nella quale anticamente Fiorenza soleva rassegnarsi. Ma di grandissimo ornamento, oltre a’<br />

bellissimi scudi ov’eran l’armi dell’una e l’altra Eccellenza e della serenissima Principessa e<br />

l’insegna della città, et oltre all’aurea e grande e ducal corona che Fiorenza di porger mostrava, fu<br />

una principalissima impresa sopra tutti gli scudi posta, et a proposito della città messa, che era<br />

composta di due alcioni faccenti in mare il lor nido al principio del verno: il che si dimostrava con<br />

quella parte del Zodiaco che dipinto vi era, in cui si vedeva il sole entrare a punto nel segno del<br />

Capricorno, con la sua anima che diceva: HOC FIDUNT, volendo significare che, sì come<br />

gl’alcioni per privilegio della natura nel tempo che il sole entra nel predetto segno di Capricorno,

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