[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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perché avendo tanti anni servito la corte et essendo creditore di Leone di buona somma, gli era stato dato indizio che alla fine della sala che per lui si faceva, in ricompensa delle fatiche e delle virtù sue il Papa gli avrebbe dato un capèllo rosso, avendo già deliberato di farne un buon numero, e fra essi qualcuno di manco merito che Raffaello non era. Il quale Raffaello, attendendo intanto a’ suoi amori così di nascosto, continuò fuor di modo i piaceri amorosi; onde avvenne ch’una volta fra l’altre disordinò più del solito: per che tornato a casa con una grandissima febbre, fu creduto da’ medici che fosse riscaldato; onde non confessando egli il disordine che aveva fatto, per poca prudenza loro gli cavarono sangue, di maniera che indebilito si sentiva mancare, là dove egli aveva bisogno di ristoro. Per che fece testamento: e prima come cristiano mandò l’amata sua fuor di casa e le lasciò modo di vivere onestamente; dopo, divise le cose sue fra ‘ discepoli suoi, Giulio Romano, il quale sempre amò molto, Giovan Francesco Fiorentino detto il Fattore, et un non so chi prete da Urbino suo parente; ordinò poi che delle sue facultà in Santa Maria Ritonda si restaurasse un tabernacolo di quegli antichi di pietre nuove, et uno altare si facesse con una statua di Nostra Donna di marmo, la quale per sua sepoltura e riposo dopo la morte s’elesse; e lasciò ogni suo avere a Giulio e Giovan Francesco, faccendo essecutore del testamento messer Baldassarre da Pescia, allora datario del Papa. Poi, confesso e contrito, finì il corso della sua vita il giorno medesimo ch’e’ nacque, che fu il Venerdì Santo, d’anni XXXVII; l’anima del quale è da credere che, come di sue virtù ha abbellito il mondo, così abbia di se medesima adorno il cielo. Gli misero alla morte, al capo nella sala ove lavorava, la tavola della Trasfigurazione che aveva finita per il cardinale de’ Medici: la quale opera, nel vedere il corpo morto e quella viva, faceva scoppiare l’anima di dolore a ognuno che quivi guardava; la quale tavola per la perdita di Raffaello fu messa dal cardinale a San Pietro a Montorio allo altar maggiore, e fu poi sempre per la rarità d’ogni suo gesto in gran pregio tenuta. Fu data al corpo suo quella onorata sepoltura che tanto nobile spirito aveva meritato, perché non fu nessuno artefice che dolendosi non piagnesse, et insieme alla sepoltura non l’accompagnasse. Dolse ancora sommamente la morte sua a tutta la corte del Papa, prima per avere egli avuto in vita uno officio di cubiculario, et appresso per essere stato sì caro al Papa che la sua morte amaramente lo fece piagnere. O felice e beata anima, da che ogn’uomo volentieri ragiona di te e celebra i gesti tuoi et ammira ogni tuo disegno lasciato! Ben poteva la pittura, quando questo nobile artefice morì, morire anche ella, ché quando egli gli occhi chiuse, ella quasi cieca rimase. Ora a noi, che dopo lui siamo rimasi, resta imitare il buono, anzi ottimo modo da lui lasciatoci in esempio, e, [II. 88] come merita la virtù sua e l’obligo nostro, tenerne nell’animo graziosissimo ricordo e farne con la lingua sempre onoratissima memoria; ché invero noi abbiamo per lui l’arte, i colori e la invenzione unitamente ridotti a quella fine e perfezzione che appena si poteva sperare: né di passar lui già mai si pensi spirito alcuno. Et oltre a questo beneficio che e’ fece all’arte, come amico di quella, non restò vivendo mostrarci come si negozia con gli uomini grandi, co’ mediocri e con gl’infimi. E certo fra le sue doti singulari ne scorgo una di tal valore che in me stesso stupisco, che il cielo gli diede forza di poter mostrare ne l’arte nostra uno effetto sì contrario alle complessioni di noi pittori; questo è che naturalmente gli artefici nostri, non dico solo i bassi, ma quelli che hanno umore d’esser grandi (come di questo umore l’arte ne produce infiniti), lavorando ne l’opere in compagnia di Raffaello stavano uniti e di concordia tale che tutti i mali umori nel veder lui si amorzavano, et ogni vile e basso pensiero cadeva loro di mente: la quale unione mai non fu più in altro tempo che nel suo. E questo avveniva perché restavano vinti dalla cortesia e dall’arte sua, ma più dal genio della sua buona natura: la quale era sì piena di gentilezza e sì colma di carità, che egli si vedeva che fino agli animali l’onoravano nonché gli uomini. Dicesi che ogni pittore che conosciuto l’avesse, et anche chi non lo avesse conosciuto, se lo avessi richiesto di qualche disegno che gli bisognasse, egli lasciava l’opera sua per sovvenirlo; e sempre tenne infiniti in opera, aiutandoli et insegnandoli con quello amore che non ad artifici, ma a figliuoli proprii si conveniva; per la qual cagione si vedeva che non andava mai a corte, che partendo di casa non avesse seco cinquanta pittori, tutti valenti e buoni che gli facevono compagnia per onorarlo. Egli insomma non visse da pittore, ma da principe. Per il che, o Arte della pittura, tu pur ti potevi allora stimare felicissima, avendo un tuo artefice che di virtù e di costumi t’alzava sopra il cielo!
Beata veramente ti potevi chiamare, da che per l’orme di tanto uomo hanno pur visto gli allievi tuoi come si vive, e che importi l’avere accompagnato insieme arte e virtute; le quali in Raffaello congiunte, potettero sforzare la grandezza di Giulio II e la generosità di Leone X, nel sommo grado e degnità che egli erono, a farselo familiarissimo et usarli ogni sorte di liberalità, talché poté col favore e con le facultà che gli diedero fare a sé et a l’arte grandissimo onore. Beato ancora si può dire chi, stando a’ suoi servigi, sotto lui operò, perché ritrovo chiunche che lo imitò essersi a onesto porto ridotto: e così quegli che imiteranno le sue fatiche nell’arte saranno onorati dal mondo, e ne’ costumi santi lui somigliando, remunerati dal Cielo. Ebbe Raffaello dal Bembo questo epitaffio: D. O. M. RAPHAELLI SANCTIO IOAN. F. URBINAT. PICTORI EMINENTISS. VETERUMQUE EMULO CUIUS SPIRANTEIS PROPE IMAGINEIS SI CONTEMPLERE NATURAE ATQUE ARTIS FOEDUS FACILE INSPEXERIS. IULII II. ET LEONIS X. PONTT. MAXX. PICTURAE ET ARCHITECT. OPERIBUS GLORIAM AUXIT. V. A. XXXVII INTEGER INTEGROS QUO DIE NATUS EST EO ESSE DESIIT VIII ID. APRIL. MDXX. ILLE HIC EST RAPHAEL TIMUIT QUO SOSPITE VINCI RERUM MAGNA PARENS ET MORIENTE MORI. [II. 89] Et il conte Baldassarre Castiglione scrisse de la sua morte in questa maniera: Quod lacerum corpus medica sanaverit arte, Hippolytum Stigiis et revocarit aquis, Ad Stygias ipse est raptus Epidaurius undas: Sic precium vitae, mors fuit artifici. Tu quoque dum toto laniatam corpore Romam Componis miro, Raphael, ingenio, Atque Urbis lacerum ferro, igni annisque cadaver Ad vitam, antiquum iam revocasque decus, Movisti Superum invidiam, indignataque Mors est, Te dudum extinctis reddere posse animam Et quod longa dies paulatim aboleverat, hoc te Mortali spreta lege parare iterum. Sic miser, heu, prima cadis intercepte iuventa, Deberi et morti nostraque nosque mones. VITA DI GUGLIELMO DA MARCILLA Pittore Franzese e Maestro di Finestre Invetriate
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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI P
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non sentito da Lionardo per il gran
Page 5 and 6: poiché delle cose sue ne son molte
Page 7 and 8: Soderini soleva pigliare, il cassie
Page 9 and 10: quale tiene la testa mozza di Golia
Page 11 and 12: antiche o de le buone moderne, nece
Page 13 and 14: VITA DI PIERO DI COSIMO Pittor Fior
Page 15 and 16: erano esuli, e come dire morti che
Page 17 and 18: tratto. E faceva discorsi e tirava
Page 19 and 20: ella invenzione, che si credette ch
Page 21 and 22: quelle in ciò che e’ [II. 33] po
Page 23 and 24: ignude. Per il che riscaldati i pop
Page 25 and 26: Bartolomeo: per il che levatolo di
Page 27 and 28: [II. 42] Mariotto Albertinelli, fam
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Page 31 and 32: Uberti e San Benedetto abate, e dal
Page 33 and 34: perché chi aiuta e favorisce nell
Page 35 and 36: modelli al Francione et ad altri, e
Page 37 and 38: il Papa e col duca Valentino suo fi
Page 39 and 40: graziosissimo Raffaello da Urbino.
Page 41 and 42: punto e in tutte le cose, che i suo
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Page 47 and 48: quali ve n’ha una che a piè dell
Page 49 and 50: questi è vestito d’un panno ross
Page 51 and 52: si fa alla loggia di palazzo, e con
Page 53 and 54: Mercurio il caduceo, di Pan la samp
Page 55: tempo, ma a farsi un ottimo univers
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Page 61 and 62: paragonarlo. Sono infinite opere di
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Page 69 and 70: morte Antonio, poi che fu fatto sep
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Page 73 and 74: Madalena in piedi e vestita con pic
Page 75 and 76: marmo che fece di mezzo rilievo nel
Page 77 and 78: sepellire, quattro Angeli in aria e
Page 79 and 80: feciono fare a Benedetto il disegno
Page 81 and 82: Michelagnolo, conosciuta la virtù
Page 83 and 84: giovane, in un pilastro d’Orsanmi
Page 85 and 86: Romano, del quale si è in altro lu
Page 87 and 88: preso un carbone, in un tratto ebbe
Page 89 and 90: fatte opere meritò tanto più lode
Page 91 and 92: ellissimo modello. Ma perché era c
Page 93 and 94: nazione spagnuola fatta fare il car
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Page 97 and 98: ellissima pittura. Prese non molto
Page 99 and 100: di settembre, fu giudicato questo a
Page 101 and 102: dell’orto de’ Servi in due cant
Page 103 and 104: Federigo Secondo duca di Mantoa, ne
Page 105 and 106: grandezza, maestà e grazia infinit
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Fu la morte d’Andrea di grandissi
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asta che Temi e Cassandra e Manto e
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E DI DOSSO E BATTISTA Pittori Ferra
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monete, e di pittura Giorgio Vasari
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le cose altrui, o dal troppo volere
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viver in pace, partirsi di Udine, e
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Avendo il prencipe Doria in Genova
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ginocchioni, S. Caterina e S. Iacop
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pietre grosse ciascuna quanto un uo
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che, sì come gl’animi loro erano
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pittura ma paiono di metallo; e sop
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Disegnò il Rosso nella sua giovane
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portare addosso pesi e sgombrare qu
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forma di padiglione; la quale stanz
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nondimeno per essere quella di Bart
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uona maniera. Ne’ Servi di Bologn
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concorrenza di Andrea del Sarto e d
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di quella opera. E così in quella
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Pittore [II. 228] Quando il mondo h
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nell’altro; e nella testa d’uno
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In questo tempo il detto Antonio da
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Nella chiesa de’ frati Carmelitan
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splendore di Cristo con bella manie
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enefizio degl’artefici, anzi del
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nell’architettura, gli diedero or
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miniate. Fece ancora per la capella
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le bande di storie del Testamento V
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cioè Anselmo Canneri e Paulo Veron
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ultimamente in una carta bellissima
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Avendo il Gran Turco per un suo uom
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tutto svelto e volge le reni in par
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vescovo, e l’uno e l’altro frat
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presentasse occasione di far cose s
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fusse; et il padre don Girolamo Vol
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vedere i modi del fare e l’opere
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uon disegno, o che in pitture, scul
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intagliatori di Santa Maria del Fio
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Accrebbe poi in maggior eccellenza
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Francesco, et una impronta ne ha og
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in su due figure, cioè Sua Eccelle
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di San Giovanni, e nell’altra qua
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di Ioseffo, i quattro Evangelisti,
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secchi e d’ossame di morti, et ap
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sopra. E di questa sorte fece Franc
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appresso il Faetonte, il Tizio, il
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fonte; e si trae dietro legati come
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messer Marchionne sodisfattissimo,
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ellezza, perché dove si andava pri
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d’Austria, che dinanzi era Albert
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che il Papa teneva gran conto d’u
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Gostantino imperatore, et aveva, qu
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cose aiutato a lavorare. Onde non m
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mira, tutto tinto nel volto di colo
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Dopo queste opere dipinse Giulio a
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Peccati mortali ritratti dal detto
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Raffaello che a Michelagnolo. Ma no
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Aretino, e lo fece sì fatto che, o
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come quelli che, essendo universale
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l’aspetto et i modi suoi, attesoc
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ellissima, avendone un’altra a su
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grandissimo onor suo farsi conoscer
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fu cara tanto quanto s’e’ gli a
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Trevisi, il quale dipigneva una fac
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Roma si condusse; dove fattosi cono
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nell’ultimo della sua vita; il qu
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Sepolcro, che era cosa eccellente.
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medesima città, nella qual è di s
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da esso imperador domate e vinte. N
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tempera: essa Vergine presentata al
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era giovinetto, dal quale imparò G
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con una tempia fintamente insanguin
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Prassedia, fu posto nel mezzo di qu
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figure piccole, che sono ragionevol
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[II. 394] Raffaello legnaiuolo, sop
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ordine alla guerra et all’assedio
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QUIETEM RESTITUIT. L’altre furono
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accia e mezzo, e tanto pari e con b
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detti monti Asinaia e Falterona ven
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più vivo e più disideroso di glor
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che con favore, non pensavano al fa
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modo di condurla, se ne tornò a Fi
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un’agevolezza maravigliosa, la qu
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nel medesimo tempo fece un quadro p
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andato a Pinzirimonte, villa comper
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l’opera al vanto, scemò assai Ba
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che uccidesse Cacco per metterlo in
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croce, la quale fu opera rara, e la
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credere, ancorché indegno sia il b
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imperfetta e le statue in mano di d
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spesa invano, fatta così inconside
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icchezza di questo basamento, ne’
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parte delle statue che vi andavano.
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Giorgio lo mostrasse a Roma a Miche
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essendo giovinetto, il principio de
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l’ombre più crude, si venne a le
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male, più tosto stracciare, come f
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non le mura principali et il tetto,
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Santa Fiore de’ Monaci Neri, cio
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quale, avendo abbracciato Amore, lo
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Condusse dunque Cristofano in un ov
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tredici anni in Firenze e messo ne
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che fussero superati, dato del tutt
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disiderio di gloria e d’onore che
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Giovanmaria Benintendi, avendo quas
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entrano nelle capelle, in una figur
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perciò che se n’andava in ghirib
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Iacone, Pierfrancesco di Iacopo et
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e finiti, il tutto nondimeno è fuo
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di fogliami tutto traforato e pien
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Gualtieri, padre del vescovo di Vit
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Duca per far scene et apparati di c
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enissimo, come ne fa fede molte tav
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e del palazzo e residenza di detto
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compagno ad Antonio San Gallo, acci
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fussero chiamati con onoratissime c
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condurre a fine il campanile della
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gli tenevano nel palazzo del princi
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musico e de’ primi dell’accadem
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Giovannantonio da Verzelli, come eb
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imunerato di così bella pittura. O
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la barba, essendo già vecchio, e c
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Roma il fratello: con una parte de
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capricciose, né strade o lontani c
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trovare Perino, alla bella prima gl
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igata in sul canto de’ Medici, il
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tanto adoperò col sottomettersi e
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Modana per vedere l’altre opere d
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vagamente ridotte in diverse forme
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Ieronimo Mazzuoli, cugino di France
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maggiore che è in mezzo di detta c
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tavola in San Piero in Oliveto, che
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come s’è detto nella Vita di Bra
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si fugge. Sono di mano di Davitte n
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Campaccio, a una loro chiesetta, fe
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la caccia e l’uccellare dietro al
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vita, perciò che papa Paulo IV, pe
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a farsi di quest’opera se non qua
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vuole esser pittore, cominci ad ado
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questo si può fare giudizio che co
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alla sepoltura di Cristofano Fucche
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scorti, d’armadure, casamenti, ri
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fece alcune pitture ragionevoli, an
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cercarlo, quando vide colui averlo
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come aderenti, Andrea del Sarto dip
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farebbono lunga la nostra storia. F
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del vivere e regola loro, e tenendo
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d’Arezzo, intendendo che Girolamo
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principale della cappella fece un a
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zampe schizza acqua in alto; e nel
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ell’orazione in lode di fra’ Gi
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Giovanni Polastra eccellente poeta
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Roma cosa alcuna notabile la quale
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fastidio il vivere di Vinezia a Fra
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lasciato pigliar piede et accommoda
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dell’altare, nella quale è un De
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altro. Ma per tornare alla tavola,
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Francesco di Girolamo dal Prato, in
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logge, e particolarmente vi fece mo
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studiando in un medesimo tempo i ca
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vergognose troppo disonestamente, f
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sapere d’aiuto più che tanto, tu
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pitture in uno studiolo a Pesaro, e
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Taddeo se ne tornò a Roma, e Feder
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che più attendeva al guadagno che
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parenti, arrivò finalmente in Roma
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quattro appartamenti, senza la part
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Parigi, Viseo, Morone, Badia, Trent
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Facciasi sorgere da una marina tran
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mezzo in giù sia sasso nero di col
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molte figure che si stanno nelle se
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Francesco ricevé le stìmate, dioc
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come era suo solito, gli disse: “
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Rovano franzese, disiderio di lasci
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Venne volontà ad Agnolo Doni, citt
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un Prigion sotto, qual’ sono oggi
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palazzo; et in questo modo pareva a
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d’aria e terribilità di cose var
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ancora è la storia delle Serpi di
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de’ Medici un modello delle fines
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Grato mi è il sonno, e più l’es
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Udine, divino, il quale per lo stuc
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che è stato superiore a tutti i su
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corso ne meni via chi cerca ritener
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ghiacere, antichi di marmo, sopra a
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Aveva il Vasari quell’anno finito
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casa; e gli ebbe tanto rispetto e r
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Vasari, come per più altre lettere
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Onde l’affettuosa fantasia, Che l
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l’imbasamento 18 grandissimi pila
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vede, basta aver così brevemente f
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onde tutti d’uno stesso volere ne
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È stata conosciuta la virtù di Mi
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vecchio, fino che faceva il Giudizi
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statue antiche”. Fu detto a Miche
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de’ Medici e dove è la maggior p
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L’essere stato veduto intorno a S
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dalle proprie mani e da tutta l’a
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Mausoleo d’Augusto in Roma; e for
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Vivens orbe peto laudibus aethera.
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statue, la Pittura, la Scultura e l
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partimenti di cornici, che hanno la
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si vede che ha imitato l’opere de
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Tiziano dunque, veduto il fare e la
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itratto dal vivo e senza artificio
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Aretino; ma non fu già questi sì
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è bellissimo. In Ancona, all’alt
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l’aver fama di bene e volentieri
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DESCRIZIONE DELL’OPERE DI IACOPO
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ancora un putto di stoppa et un cec
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facesse una grandissima chiesa e si
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et adornato quella Republica, ma ha
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due figure pure di marmo, molto gra
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i razzi solari attorno alla testa,
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una Benedizione della fonte del bat
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San Lorenzo per utilità publica; l
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per opera, si crede, di fra’ Gugl
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attesimo fu Giorgio Iulio. Attese d
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La quale opera fu condotta con tant
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Santo Alfonso vescovo: nei quali qu
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et altri, conobbi nel 1532 in Roma
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eccellentissimi scritti degl’arch
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che piovono sopra il popolo, con mo
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anni far manco bene che non hanno f
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considerazioni e giudizio, onde le
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Accademia alcun’altri giovani pit
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Tolledo al suo giardino di Fiorenza
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arissima. Nelli dua quadri di mezzo
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DESCRIZIONE DELLA PORTA AL PRATO [I
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alcuni poeti che latinamente avevan
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scherzando, altri di loro saettavan
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che rende tranquillissimo il mare,
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QUAMVIS, FLORA, TUIS, CELEBERRIMA,
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SED IAM NOX RUIT ET SIDERA CONCIDUN
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HEU DURIS SOLVIS, QUAE CLARUM CERNE
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trapassando alla predetta torre de
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E perché ciascuno degl’otto desc
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ardente fulmine. Ma sopra l’arco
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IMPERIIS AUXERE SUIS CERTAQUE SALUT
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antico tempio di Iano simigliante.
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IOANNES GUALBERTUS EQUES NOBILISS.
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Con l’istoria, similmente nella b
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cristiane azzioni esser bisognose e
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a seder posta era, seguitando di di
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le buccine a’ piedi sonando gli s
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dell’eccellentissimo Prin[II. 931
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porgere con l’una mano a un armat
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La quale fornita, e ciascuna delle
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Ma derivando dagl’inganni l’off
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Dunque, e tu, Psiche, scaccia L’a
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cose, che da noi contro a natura s
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ella e lucida Alba, con la biondiss
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messovi dentro una buona quantità
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capricciosi e bizarri oltre a modo
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come nell’altro si disse) si vede
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l’Anno, col capo tutto di ghiacci
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pastori con pelli di lupi rusticame
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ma forte e fiera a meraviglia e di
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CARRO UNDICESIMO DI VULCANO [II. 96
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giovani e vaghi Zete e Calai, figli
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CARRO DICIASSETTESIMO DI CIBELE Ma
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e tutta argentata navicella, che su
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terza, che forma di vitello aveva,
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morto mio padre di peste; il quale
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vi ebbi poco meno che a perdere il
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asso, oltre agl’Apostoli che sono
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passando fra le foglie dell’alber
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goffez[z]a di sesti. Nel che mi fur
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si vede la Pace abruciar l’arme,
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Fortuna, viene talvolta l’Invidia
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quell’orrendo spettacolo; e nell
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e Proserpina. In una camera maggior
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messo in tirare innanzi, da che pri
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far di nuovo e ridurre a miglior fo
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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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