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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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Ma derivando dagl’inganni l’offese, e dall’offese le dissensioni e le risse e mille altri sì fatti mali,<br />

poi che Amore, per la ferita dalla crudel lucerna ricevuta, non poteva all’usato ufizio di infiammare<br />

i cori de’ viventi attendere, nell’intermedio quarto in vece de’ sette monticelli, che l’altra volta nella<br />

scena dimostri s’erano, si vide in questo apparire (per dar materia alle turbazioni della Commedia)<br />

sette piccole voragini, onde prima un oscuro fumo, e poi a poco a poco si vide uscire con una<br />

insegna in mano la Discordia, conosciuta, oltre all’armi, dalla variata e sdrucita veste e capellatura;<br />

e con lei l’Ira, conosciuta oltr’all’armi anch’ella da’ calzaretti a guisa di zampe e dalla testa, in vece<br />

di celata, d’orso, onde continuamente usciva fumo e fiamma; e la Crudeltà con la gran falce in<br />

mano, nota per la celata a guisa di testa di tigre [<strong>II</strong>. 939] e per i calzaretti a sembianza di piedi di<br />

coccodrillo; e la Rapina con la roncola in mano anch’ella e con il rapace uccello su la celata, e con i<br />

piedi a sembianza d’aquila; e la Vendetta con una sanguinosa storta in mano, e co’ calzaretti e con<br />

la celata tutta di vipere contesta; e due Antropofagi, o Lestrigoni che ci vogliàn chiamargli, che<br />

sonando sotto forma di due trombe ordinarie due musicali tromboni, pareva che volessero, oltre al<br />

suono, con una certa lor bellicosa movenzia eccitare i circunstanti ascoltatori a combattere. Era<br />

ciascun di questi con orribile spartimento messo in mez[z]o da due Furori, di tamburi, di ferrigne<br />

sferze e di diverse armi forniti, sotto le quali con la medesima destrez[z]a erano stati diversi<br />

musicali instrumenti nascosti. Fecersi i prescritti Furori conoscere dalle ferite onde avevan tutta la<br />

persona piena, di cui pareva che fiamme di fuoco uscissero, e dalle serpi ond’eran tutti annodati e<br />

cinti, e dalle rotte catene che dalle gambe e dalle braccia lor pendevano, e dal fumo e dal fuoco che<br />

per le capelliere gl’usciva. I quali tutti insieme con una certa gagliarda e bellicosa armonia, cantato<br />

il seguente madrigale, fecero in foggia di combattenti una nuova e fiera e molto stravagante<br />

moresca, alla fine della quale, confusamente in qua e ‘n là per la scena scorrendo, si videro con<br />

spaventoso terrore tòrre in ultimo dagl’occhi de’ riguardanti:<br />

In bando itene, vili<br />

Inganni, il mondo solo ira e furore<br />

Sent’oggi; audaci voi, spirti gentili,<br />

Venite a dimostrar vostro valore,<br />

Che se per la lucerna or langue Amore,<br />

Nostro convien, non che lor, sia l’impero.<br />

Sù dunque, ogni più fero<br />

Cor surga; il nostro bellicoso carme<br />

Guerra, guerra! sol grida, e solo Arm’, arme!<br />

INTERME<strong>DI</strong>O QUINTO<br />

La misera e semplicetta Psiche avendo (come nell’altro intermedio s’è accennato) per troppa<br />

curiosità con la lucerna imprudentemente offeso l’amato marito, da lui abbandonata, essendo<br />

finalmente venuta in mano dell’adirata Venere, accompagnando la mestizia del quarto atto della<br />

Commedia, diede al quinto mestissimo Intermedio convenevolissima materia, fingendo d’esser<br />

mandata dalla prescritta Venere all’infernal Proserpina, acciò che mai più fra ‘ viventi ritornar non<br />

potesse; e perciò di disperazion vestita, si vide molto mesta per l’una delle strade venire,<br />

accompagnata dalla noiosa Gelosia, che tutta pallida et afflitta sì come l’altre seguenti si<br />

dimostrava, conosciuta dalle quattro teste e dalla veste turchina tutta d’occhi e d’orecchi contesta; e<br />

dalla Invidia, nota anch’ella per le serpi ch’ella divorava; e dal Pensiero, o Cura o Sollecitudine che<br />

ci vogliàn chiamarla, conosciuta pel corbo che aveva in testa e per l’avoltoio che gli lacerava<br />

l’interiora; e dallo Scorno o Disprez[z]agione, per darle il nome di femmina, che si faceva

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