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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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ellissime, ma fatte anco con tanta prestezza che ne restò ogni uo[<strong>II</strong>. 288]mo maravigliato. Et<br />

avendo Michelagnolo fatto un disegno (il che mi si era scordato di sopra) al detto cardinale de’<br />

Medici d’un Tizio a cui mangia un avoltoio il cuore, Giovanni [l’]intagliò benissimo in cristallo, sì<br />

come anco fece con un disegno del medesimo Buonarroto un Fetonte, che per non sapere guidare il<br />

carro del Sole cade in Po, dove piangendo le sorelle sono convertite in alberi. Ritrasse Giovanni<br />

madama Margherita d’Austria, figliuola di Carlo Quinto imperadore, stata moglie del duca<br />

Alessandro de’ Medici et allora donna del duca Ottavio Farnese; e questo fece a concorrenza di<br />

Valerio Vicentino. Per le quali opere fatte al cardinale Farnese ebbe da quel signore in premio un<br />

uffizio d’un giannizzero, del quale trasse buona somma di danni; et oltre ciò fu dal detto signor<br />

tanto amato che n’ebbe infiniti altri favori, né passò mai il cardinale da Faenza, dove Giovanni<br />

aveva fabricato una commodissima casa, che non andasse ad alloggiare con esso lui.<br />

Fermandosi dunque Giovanni in Faenza per quietarsi dopo aver molto travagliato il mondo, vi si<br />

dimorò sempre; et essendogli morta la prima moglie, della quale non aveva avuto figliuoli, prese la<br />

seconda, di cui ebbe due maschi et una femina, con i quali, essendo agiato di possessioni e d’altre<br />

entrate che gli rendevano meglio di quattrocento scudi, visse contento insino a sessanta anni. Alla<br />

quale età pervenuto, rendé l’anima a Dio il giorno della Pentecoste, l’anno 1555.<br />

Matteo del Nassaro, essendo nato in Verona d’un Iacopo dal Nassaro calzaiuolo, attese molto nella<br />

sua prima fanciullezza non solamente al disegno, ma alla musica ancora, nella quale fu eccellente,<br />

avendo in quella per maestri avuto Marco Carrà et il Tromboncino veronesi, che allora stavano col<br />

marchese di Mantoa. Nelle cose dell’intaglio gli furono di molto giovamento due veronesi d’onorate<br />

famiglie, con i quali ebbe continua pratica; l’uno fu Niccolò Avanzi, il quale lavorò in Roma<br />

privatamente cammei, corniuole et altre pietre, che furono portate a diversi principi: et hacci di<br />

quegli che si ricordano aver veduto, [in] un lapislaz[z]aro largo tre dita, di sua mano la Natività di<br />

Cristo con molte figure, il quale fu venduto alla duchessa d’Urbino come cosa singolare; l’altro fu<br />

Galeazzo Mondella, il quale, oltre all’intagliar le gioie, disegnò benissimo. Da questi due adunque<br />

avendo Matteo tutto quello che sapevano apparato, venutogli un bel pezzo di diaspro alle mani,<br />

verde e macchiato di gocciole rosse, come sono i buoni, v’intagliò dentro un Deposto di croce con<br />

tanta diligenza che fece venire le piaghe in quelle parti del diaspro che erano macchiate di sangue: il<br />

che fece essere quell’opera rarissima, et egli commendatone molto; il quale diaspro fu venduto da<br />

Matteo alla marchesana Isabella da Este.<br />

Andatosene poi in Francia, dove portò seco molte cose di sua mano perché gli facessero luogo in<br />

corte del re Francesco Primo, fu introdotto a quel signore, che sempre tenne in conto tutte le<br />

maniere de’ virtuosi; il quale re avendo preso molte delle pietre da costui intagliate, toltolo al<br />

servigio suo et ordinatogli buona provisione, non l’ebbe men caro per essere eccellente sonatore di<br />

liuto et ottimo musico che per il mestiere dell’intagliar le pietre. E di vero niuna cosa accende<br />

maggiormente gl’animi alle virtù che il veder quelle essere [<strong>II</strong>. 289] apprezzate e premiate dai<br />

principi e signori, in quella maniera che ha sempre fatto per l’adietro l’illustrissima casa de’ Medici,<br />

et ora fa più che mai, e nella maniera che fece il detto re Francesco, veramente magnanimo. Matteo<br />

dunque, stando al servigio di questo re, fece non pure per Sua Maestà molte cose rare, ma quasi a<br />

tutti i più nobili signori e baroni di quella corte, non essendovi quasi niuno che non avesse -<br />

usandosi molto allora di portare cammei et altre gioie al collo e nelle berette - dell’opere sue. Fece<br />

al detto re una tavola per l’altare della capella di Sua Maestà, che si faceva portare in viaggio, tutta<br />

piena di figure d’oro, parte tonde e parte di mezzo rilievo, con molte gioie intagliate sparse per le<br />

membra delle dette figure. Incavò parimenti molti cristalli, gl’esempi de’ quali, in solfo e gesso, si<br />

veggiono in molti luoghi, ma particolarmente in Verona, dove sono tutti i pianeti bellissimi, et una<br />

Venere con un Cupido che volta le spalle, il quale non può esser più bello. In un bellissimo<br />

calcidonio, stato trovato in un fiume, intagliò divinamente Matteo la testa d’una Deanira quasi tutta<br />

tonda, con la spoglia del leone in testa e con la superficie lionata; et in un filo di color rosso, che era<br />

in quella pietra, accomodò Matteo nel fine della testa del lione il rovescio di quella pelle, tanto bene<br />

che pareva scorticata di fresco; in un’altra macchia accomodò i capegli, e nel bianco la faccia et il<br />

petto, e tutto con mirabile magisterio. La quale testa ebbe insieme con l’altre cose il detto re

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