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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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lo mise sùbito in opera. Né passarono sei mesi, che messer Bartolomeo della Rovere, nipote del<br />

Papa e compare di Giuliano, gli scrisse a nome di Sua Santità che egli dovesse per suo utile<br />

ritornare a Roma: ma non fu possibile né con patti né con promesse svolgere Giuliano, parendogli<br />

essere stato schernito dal Papa. Ma finalmente essendo scritto a Piero Soderini che per ogni modo<br />

mandasse Giuliano a Roma perché Sua Santità voleva fornire la fortificazione del torrion tondo<br />

cominciata da Nicola Quinto, e così quella di Borgo e Belvedere et altre cose, si lasciò Giuliano<br />

persuadere dal Soderino, e così andò a Roma, dove fu dal Papa ben raccolto e con molti doni.<br />

Andando poi il Papa a Bologna, cacciati che ne furono i Bentivogli, per consiglio di Giuliano<br />

deliberò far fare da Michelagnolo Buonarroti un papa di bronzo: il che fu fatto, sì come si dirà nella<br />

Vita di esso Michelagnolo. Seguitò similmente Giuliano il Papa alla Mirandola, e quella presa,<br />

avendo molti disagi e fatiche sopportato, se ne tornò con la corte a Roma. Né essendo ancora la<br />

rabbia di cacciare i Franzesi d’Italia uscita di testa al Papa, tentò di levare il governo di Fiorenza<br />

delle mani a Piero Soderini, essendogli ciò, per fare quello che aveva in animo, di non piccolo<br />

impedimento. Onde per queste cagioni, essendosi diviato il Papa dal fabricare e nelle guerre<br />

intricato, Giuliano, già stanco, si risolvette dimandare licenza al Papa, vedendo che solo alla fabrica<br />

di San Piero si attendeva, et anco a quella non molto. Ma rispondendogli il Papa in collera: “Credi<br />

tu che non si trovino de’ Giuliani da San Gallo?”, egli rispose che non mai di fede né di servitù pari<br />

alla sua, ma che ritrovarebbe bene egli de’ prìncipi di più integrità nelle promesse che non era stato<br />

il Papa verso sé. Insomma, non gli dando altramente licenza, il Papa gli disse che altra volta gliene<br />

parlassi.<br />

Aveva intanto Bramante condotto a Roma Raffaello da Urbino, messolo in opera a dipignere le<br />

camere papali; onde Giuliano vedendo che in quelle pitture molto si compiaceva il Papa, e che egli<br />

disiderava che si dipignesse la volta della cappella di Sisto suo zio, gli ragionò di Michelagnolo,<br />

aggiugnendo che egli aveva già in Bologna fatta la statua di bronzo. La qual cosa piacendo al Papa,<br />

fu mandato per Michelagnolo, e giunto in Roma, allogatagli la volta della detta cappella. Poco<br />

dopo, tornando Giuliano a chiedere di nuovo al Papa licenza, Sua Santità, vedendolo in ciò<br />

deliberato, fu contento che a Fiorenza se ne tornasse con sua buona grazia, e poi che l’ebbe<br />

benedetto, in una borsa di raso rosso gli donò cinquecento scudi, dicendogli che se ne tornasse a<br />

casa a riposarsi, e che in ogni tempo gli sarebbe amorevole. Giuliano dunque, baciatogli il santo<br />

piede, se ne tornò a Fiorenza in quel tempo apunto che Pisa era circondata et assediata dall’esercito<br />

fiorentino; onde non sì tosto fu arrivato, che Piero Soderini, dopo l’accoglienze, lo mandò in campo<br />

ai comissarii, i quali non potevano riparare che i Pisani non mettessino per Arno vettovaglie in Pisa.<br />

Giuliano dunque, disegnato che a tempo migliore si facesse un ponte in sulle barche, se ne tornò a<br />

Fiorenza; e venuta la primavera, menando seco Antonio suo fratello se n’andò a Pisa, dove<br />

condussero un ponte che fu cosa molto ingegnosa, perché, oltre che alzandosi et abbassandosi si<br />

difendeva dalle piene e stava saldo, essendo bene incatena[<strong>II</strong>. 62]to, fece di maniera quello che i<br />

commessarii disideravano, assediando Pisa dalla parte d’Arno verso la marina, che furono forzati i<br />

Pisani, non avendo più rimedio al mal loro, a fare accordo coi Fiorentini: e così si resero. Né passò<br />

molto che il medesimo Piero Soderini mandò di nuovo Giuliano a Pisa con infinito numero di<br />

maestri, dove con celerità straordinaria fabbricò la fortezza che è oggi alla Porta a San Marco, e la<br />

detta porta di componimento dorico. E mentre che Giuliano continuò questo lavoro, che fu insino<br />

all’anno 1512, Antonio andò per tutto il dominio a rivedere e restaurare le fortezze e altre fabbriche<br />

pubbliche. Essendo poi col favore di esso papa Giulio stata rimessa in Fiorenza et in governo la casa<br />

de’ Medici, onde ella era nella venuta in Italia di Carlo Ottavo re di Francia stata cacciata, e stato<br />

cavato di palazzo Piero Soderini, fu riconosciuta dai Medici la servitù che Giuliano et Antonio<br />

avevano ne’ tempi adietro avuta con quella illustrissima Casa. Et assunto, non molto dopo la morte<br />

di Giulio Secondo, Giovanni cardinale de’ Medici, fu forzato di nuovo Giuliano a trasferirsi a<br />

Roma, dove, morto non molto dopo Bramante, fu voluta dar la cura della fabrica di San Piero a<br />

Giuliano: ma essendo egli màcero dalle fatiche et abbattuto dalla vecchiezza e da un male di pietra<br />

che lo cruciava, con licenzia di Sua Santità se ne tornò a Fiorenza, e quel carico fu dato al

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