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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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che è stato superiore a tutti i suoi artefici - e mostrare la via della gran maniera e degli ignudi, e<br />

quanto e’ sappi nelle dificultà del disegno; e finalmente ha aperto la via alla facilità di questa arte<br />

nel principale suo intento, che è il corpo umano, et attendendo a questo fin solo, ha lassato da parte<br />

le vaghezze de’ colori, i capricci e le nuove fantasie di certe minuzie e delicatezze, che da molti altri<br />

pittori non sono interamente, e forse non senza qualche ragione, state neglette. Onde qualcuno, non<br />

tanto fondato nel disegno, ha cerco con la varietà di tinte et ombre di colori, e con bizzarre, varie e<br />

nuove invenzioni, et insomma con questa altra via, farsi luogo fra i primi maestri. Ma<br />

Michelagnolo, stando saldo sempre nella profondità dell’arte, ha mostro a quegli che sanno assai<br />

come dovevano arrivare al perfetto.<br />

E per tornare alla storia, aveva già condotto Michelagnolo a fine più di tre quarti del[<strong>II</strong>. 747]l’opera,<br />

quando, andando papa Paulo a vederla, perché messer Biagio da Cesena, maestro delle cerimonie e<br />

persona scrupolosa, che era in Cappella col Papa, dimandato quel che gliene paressi, disse essere<br />

cosa disonestissima in un luogo tanto onorato avervi fatto tanti ignudi che sì disonestamente<br />

mostrano le lor vergogne, e che non era opera da cappella di Papa, ma da stufe e d’osterie;<br />

dispiacendo questo a Michelagnolo e volendosi vendicare, sùbito che fu partito, lo ritrasse di<br />

naturale, senza averlo altrimenti innanzi, nello inferno nella figura di Minòs, con una gran serpe<br />

avvolta alle gambe, fra un monte di diavoli. Né bastò il raccomandarsi di messer Biagi al Papa et a<br />

Michelagnolo che lo levassi, che pure ve lo lassò per quella memoria, dove ancor si vede. Avenne<br />

in questo tempo che egli cascò di non poco alto dal tavolato di questa opera, e fattosi male a una<br />

gamba, per lo dolore e per la còllora da nessuno volse esser medicato. Per il che, trovandosi allora<br />

vivo maestro Baccio Rontini fiorentino, amico suo e medico capriccioso e di quella virtù molto<br />

affezionato, venendogli compassione di lui gli andò un giorno a pic[c]hiare a casa; e non gli<br />

essendo risposto da’ vicini né da lui, per alcune vie segrete cercò tanto di salire, che a Michelagnolo<br />

di stanza in stanza pervenne, il quale era disperato. Laonde maestro Baccio, finché egli guarito non<br />

fu, non lo volle abandonare già mai né spic[c]arsegli d’intorno. Egli, di questo male guarito e<br />

ritornato all’opera, et in quella di continuo lavorando, in pochi mesi a ultima fine la ridusse, dando<br />

tanta forza alle pitture di tal opera, che ha verificato il detto di Dante: “morti li morti, i vivi parean<br />

vivi”; e quivi si conosce la miseria dei dannati e l’allegrezza de’ beati. Onde, scoperto questo<br />

Giudizio, mostrò non solo essere vincitore de’ primi artefici che lavorato vi avevano, ma ancora<br />

nella volta, che egli tanto celebrata avea fatta, volse vincere sé stesso; et in quella di gran lunga<br />

passatosi, superò sé medesimo, avendosi egli imaginato il terrore di que’ giorni, dove egli fa<br />

rappresentare, per più pena di chi non è ben vissuto, tutta la sua Passione, facendo portare in aria da<br />

diverse figure ignude la croce, la colonna, la lancia, la spugna, i chiodi e la corona, con diverse e<br />

varie attitudini, molto dificilmente condotte a fine nella facilità loro. Èvvi Cristo, il quale, sedendo,<br />

con faccia orribile e fiera ai dannati si volge maladicendogli, non senza gran timore della Nostra<br />

Donna che, ristrettasi nel manto, ode e vede tanta rovina. Sonvi infinitissime figure che gli fanno<br />

cerchio, di Profeti, di Apostoli, e particularmente Adamo e Santo Pietro, i quali si stimano che vi<br />

sien messi l’uno per l’origine prima delle genti al giudizio, l’altro per essere stato il primo<br />

fondamento della cristiana religione. A’ piedi gli è un San Bartolomeo bellissimo, il qual mostra le<br />

pelle scorticata. Èvvi similmente uno ignudo di san Lorenzo; oltra che senza numero sono<br />

infinitissimi Santi e Sante, et altre figure maschî e femine intorno, appresso e discosto, i quali si<br />

abracciano e fannosi festa, avendo per grazia di Dio e per guidardone delle opere loro la beatitudine<br />

eterna. Sono sotto i piedi di Cristo i sette Angeli scritti da San Giovanni Evangelista, con le sette<br />

trombe, che sonando a sentenza fanno arricciare i capelli a chi gli guarda per la terribilità che essi<br />

mostrano nel viso; e fra gl’altri vi son due Angeli, che ciascuno ha il libro delle vite in mano; et<br />

appresso, non senza bellissima considerazione, si veggono i sette [<strong>II</strong>. 748] Peccati mortali da una<br />

banda combattere in forma di Diavoli e tirar giù allo inferno l’anime che volano al cielo, con<br />

attitudini bellissime e scorti molto mirabili. Né ha restato, nella ressurrezione de’ morti, mostrare al<br />

mondo come essi della medesima terra ripiglion l’ossa e la carne, e come da altri vivi aiutati vanno<br />

volando al cielo, che da alcune anime già beate è lor porto aiuto, non senza vedersi tutte quelle parti<br />

di considerazioni che a una tanta opera come quella si possa stimare che si convenga. Perché per lui

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