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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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momento aprendosi, pieno di tutte le gerarchie degl’Angeli e de’ Santi e delle Sante, e co’ varii<br />

moti le diverse sue sfere accennando, si vide quasi in terra mandare il divino Gabbriello pieno<br />

d’infiniti splendori in mez[z]o ad otto altri Angeletti ad annunziare la Vergine gloriosa, che tutta<br />

umile e devota sembrava nella sua camera dimorarsi, calandosi tutti e risalendo poi con singolar<br />

meraviglia di ciascuno dalla più alta parte della cupola di quella chiesa, ove il prescritto Paradiso<br />

era figurato, fino al palco della camera della Vergine, che non però molto spazio sopra il terreno si<br />

alzava, con tanta sicurtà e con sì belli e sì facili e sì ingegnosi modi, che a pena parse che umano<br />

ingegno potesse tant’oltre trapassare. Con la quale le feste, tutte dagl’eccellentissimi Signori per le<br />

realissime noz[z]e apparecchiate, ebbero non pure splendido e famoso, ma, come bene et a veri e<br />

cristiani principi si conveniva, religioso e devoto compimento. Sarebbonci da dire ancora molte<br />

cose d’un nobilissimo spettacolo rappresentato dal liberalissimo signor Paulo Giordano Orsino,<br />

duca di Bracciano, in un grande e molto eroico teatro, tutto nell’aria sospeso, da lui con real animo<br />

e con spesa incredibile in questi giorni di legnami fabbricato, ove, con ricchissime invenzioni de’<br />

cavalieri mantenitori, de’ quali egli fu uno, e degl’avventurieri, si combatté con diverse armi una<br />

sbarra e si fece, con singolar diletto de’ riguardanti, con ammaestratissimi cavalli quel grazioso<br />

ballo chiamato la Battaglia. Ma perché questo, impedito dalle importune piogge, fu per molti giorni<br />

prolungato, e perché ricercherebbe, volendo a pieno trattarne, quasi un’opera intera, essendo<br />

oggimai stanco, senza più dirne, credo che perdonato mi sia se anch’io farò ormai a questa mia, non<br />

so se noiosa, fatica fine.<br />

DESCRIZIONE DELL’OPERE <strong>DI</strong> GIORGIO VASARI<br />

<strong>Pittore</strong> e Architetto Aretino<br />

[<strong>II</strong>. 980] Avendo io infin qui ragionato dell’opere altrui con quella maggior diligenza e sincerità che<br />

ha saputo e potuto l’ingegno mio, voglio anco nel fine di queste mie fatiche raccorre insieme e far<br />

note al mondo l’opere che la divina Bontà mi ha fatto grazia di condurre; perciò che, se bene elle<br />

non sono di quella perfezzione che io vorrei, si vedrà nondimeno, da chi vorrà con sano occhio<br />

riguardarle, che elle sono state da me con istudio, diligenza et amorevole fatica lavo[<strong>II</strong>. 981]rate, e<br />

perciò, se non degne di lode, almeno di scusa, sanzaché, essendo pur fuori e veggendosi, non le<br />

posso nascondere. E però che potrebbono per aventura essere scritte da qualcun altro, è pur meglio<br />

che io confessi il vero et accusi da me stesso la mia imperfezzione, la quale conosco davantaggio:<br />

sicuro di questo, che se, come ho detto, in loro non si vedrà eccellenza e perfezzione, vi si scorgerà<br />

per lo meno un ardente disiderio di bene operare et una grande et indefessa fatica e l’amore<br />

grandissimo che io porto alle nostre arte. Onde averrà, secondo le leggi, confessando io apertamente<br />

il mio difetto, che me ne sarà una gran parte perdonato.<br />

Per cominciarmi dunque dai miei principii, dico che avendo a bastanza favellato dell’origine della<br />

mia famiglia, della mia nascita e fanciullezza, e quanto io fussi da Antonio mio padre con ogni sorte<br />

d’amorevolezza incaminato nella via delle virtù, et in particolare del disegno, al quale mi vedeva<br />

molto inclinato, nella Vita di Luca Signorelli da Cortona mio parente, in quella di Francesco<br />

Salviati e in molti altri luoghi della presente opera, con buone occasioni non starò a replicar le<br />

medesime cose. Dirò bene che dopo avere io ne’ miei primi anni disegnato quante buone pitture<br />

sono per le chiese d’Arezzo, mi furono insegnati i primi principii con qualche ordine da Guglielmo<br />

da Marzilla franzese, di cui avemo di sopra raccontato l’opere e la vita. Condotto poi, l’anno 1524,<br />

a Fiorenza da Silvio Passerini cardinale di Cortona, attesi qualche poco al disegno sotto<br />

Michelagnolo, Andrea del Sarto et altri. Ma essendo, l’anno 1527, stati cacciati i Medici di Firenze,<br />

et in particolare Alessandro et Ippolito, coi quali aveva così fanciullo gran servitù per mez[z]o di<br />

detto cardinale, mi fece tornare in Arezzo don Antonio mio zio paterno, essendo di poco avanti

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