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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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consumava. Era di questa cosa disperato Michelagnolo, né voleva seguitare più, e scusandosi col<br />

Papa che quel lavoro non gli riusciva, ci mandò Sua Santità Giuliano da San Gallo, che, dettogli da<br />

che veniva il difetto, lo confortò a seguitare e gli insegnò a levare le muffe. Là dove condottola fino<br />

alla metà, il Papa, che v’era poi andato a vedere alcune volte per certe scale a piuoli aiutato da<br />

Michelagnolo, volse che ella si scoprissi, perché era di natura frettoloso et impaziente e non poteva<br />

aspettare ch’ella fussi perfetta et avessi avuto, come si dice, l’ultima mano. Trasse, sùbito che fu<br />

scoperta, tutta Roma a vedere, et il Papa fu il primo, non avendo pazienzia che abassassi la polvere<br />

per il disfare de’ palchi. Dove Raffaello da Urbino, che era molto eccellente in imitare, vistola,<br />

mutò sùbito maniera e fece a un tratto, per mostrare la virtù sua, i Profeti e le Sibille dell’opera della<br />

Pace; e Bramante [<strong>II</strong>. 732] allora tentò che l’altra metà della cappella si desse dal Papa a Raffaello.<br />

Il che inteso Michelagnolo, si dolse di Bramante e disse al Papa, senza avergli rispetto, molti difetti<br />

e della vita e delle opere sue d’architettura, che, come s’è visto poi, Michelagnolo nella fabbrica di<br />

San Piero n’è stato correttore. Ma il Papa, conoscendo ogni giorno più la virtù di Michelagnolo,<br />

volse che seguitasse e, veduto l’opera scoperta, giudicò che Michelagnolo l’altra metà la poteva<br />

migliorare assai. E così del tutto condusse alla fine perfettamente in venti mesi da sé solo<br />

quell’opera, senza aiuto pure di chi gli macinassi i colori. Èssi Michelagnolo doluto talvolta che, per<br />

la fretta che li faceva il Papa, e’ non la potessi finire come arebbe voluto a modo suo,<br />

dimandandogli il Papa importunamente quando e’ finirebbe. Dove una volta fra l’altre gli rispose<br />

che ella sarebbe finita “quando io arò satisfatto a me nelle cose dell’arte”. “E noi vogliamo - rispose<br />

il Papa - che satisfacciate a noi nella voglia che aviamo di farla presto”; gli conchiuse finalmente<br />

che, se non la finiva presto, che lo farebbe gettare giù da quel palco. Dove Michelagnolo, che<br />

temeva et aveva da temere la furia del Papa, finì sùbito senza metter tempo in mezzo quel che ci<br />

mancava; e disfatto il resto del palco, la scoperse la mattina d’Ogni Santi, che ‘l Papa andò in<br />

cappella a cantare la messa, con satisfazione di tutta quella città.<br />

Desiderava Michelagnolo ritoccare alcune cose a secco, come avevon fatto que’ maestri vecchi<br />

nelle storie di sotto: certi campi e panni et arie di azzurro oltramarino, et ornamenti d’oro in qualche<br />

luogo, acciò gli desse più ricchezza e maggior vista; per che, avendo inteso il Papa che ci mancava<br />

ancor questo, desiderava, sentendola lodar tanto da chi l’aveva vista, che la fornissi; ma perché era<br />

troppa lunga cosa a Michelagnolo rifare il palco, restò pur così. Il Papa, vedendo spesso<br />

Michelagnolo, gli diceva: “Che la Cappella si arricchisca di colori e d’oro, che l’è povera”.<br />

Michelagnolo con domestichezza rispondeva: “Padre Santo, in quel tempo gli uomini non<br />

portavano addosso oro, e quegli che son dipinti non furon mai troppo ricchi, ma santi uomini,<br />

perché gli sprez[z]aron le ricchezze”. Fu pagato in più volte a Michelagnolo dal Papa a conto di<br />

quest’opera tremila scudi, che ne dovette spendere in colori venticinque. Fu condotta questa opera<br />

con suo grandissimo disagio dello stare a lavorare col capo all’insù, e talmente aveva guasto la vista<br />

che non poteva leggere lettere né guardar disegni, se non all’insù: che gli durò poi parecchi mesi. Et<br />

io ne posso fare fede, che avendo lavorato cinque stanze in volta per le camere grandi del palazzo<br />

del duca Cosimo, se io non avessi fatto una sedia che s’appoggiava la testa e si stava a giacere<br />

lavorando, non le conducevo mai; che mi ha rovinato la vista et indebolito la testa di maniera che<br />

me ne sento ancora, e stupisco che Michelagnolo reggessi tanto a quel disagio. Imperò, acceso ogni<br />

dì più dal desiderio del fare et allo acquisto e miglioramento che fece, non sentiva fatica né curava<br />

disagio. È il partimento di questa opera accomodato con sei peducci per banda, et uno nel mezzo<br />

delle facce da piè e da capo, ne’ quali ha fatto, di braccia sei di grandezza, drento Sibille e Profeti, e<br />

nel mezzo da la Creazione del mondo fino al Diluvio et la Inebr[i]azione di Noè, e nelle lunette tutta<br />

la Generazione di Gesù Cristo. Nel partimento non ha usato ordine di prospettive che scortino, né<br />

v’è veduta ferma, ma è ito accomodando più il partimento alle [<strong>II</strong>. 733] figure che le figure al<br />

partimento, bastando condurre gli ignudi e ‘ vestiti con perfezzione di disegno che non si può né<br />

fare né s’è fatto mai opera, et a pena con fatica si può imitare il fatto. Questa opera è stata et è<br />

veramente la lucerna dell’arte nostra, che ha fatto tanto giovamento e lume all’arte della pittura, che<br />

à bastato a illuminare il mondo, per tante centinaia d’anni in tenebre stato. E nel vero non curi più<br />

chi è pittore di vedere novità et invenzioni di attitudini, abbigliamenti addosso a figure, modi nuovi

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