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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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affettuosa novella di Psiche e d’Amore tanto gentilmente da Apuleio nel suo Asin d’oro descritta, e<br />

di essa preso le parti che parsero più principali, e con quanto maggior destrez[z]a si sapeva alla<br />

Commedia accomodatole (onde, fatto quasi dell’una e dell’altra favola un artifizioso<br />

componimento, apparisse che quel che nella favola degl’Intermedii operavano gli Dii, operassero,<br />

quasi che da superior potenza costretti, nella favola della Commedia gl’uomini ancora), si vide nel<br />

concavo cielo della descritta prospettiva (aprendosi quasi in un momento il primo) apparire un altro<br />

molto artifizioso cielo, di cui a poco a poco si vedeva uscire una bianca e molto propriamente<br />

contrafatta nugola; nella quale con singolar vaghez[z]a pareva che un dorato et ingemmato carro si<br />

posasse, conosciuto esser di Venere perciò che da due candidissimi cigni si vedeva tirare, et in cui<br />

come donna e guidatrice si scorgeva similmente quella bellissima dea, tutta nuda et inghirlandata di<br />

rose e di mortella, con molta maestà sedendo, guidare i freni. Aveva costei in sua compagnia le tre<br />

Grazie, conosciute anch’esse dal mostrarsi tutte nude e da’ capegli biondissimi, che sciolti su per le<br />

spalle cascavano, ma molto più dalla guisa con che stavano prese per mano, e le quattro Ore, che<br />

l’ali tutte a sembianza di farfalla dipinte avevano, e che secondo le quattro stagioni dell’anno, non<br />

senza cagione, erano state in alcune parti distinte; perciò che l’una, che tutta adorna la testa et i<br />

calzaretti di variati fioretti e la veste cangiante aveva, per la fiorita e variata Primavera era stata<br />

voluta figurare; sì come per l’altra, con la ghirlanda e co’ calzaretti di pallenti spighe contesti, e con<br />

i drappi gialli di che adorna si era, di denotare s’intendeva la calda State; e come la terza per<br />

l’Autunno fatta, tutta di drappi rossi vestita, significanti la maturità de’ pomi, si vedeva de’<br />

medesimi pomi e di pampani e d’uve esser stata anch’ella tutta coperta et adorna; ma la quarta et<br />

ultima, che il nevoso e candido Verno rappresentava, oltre alla turchina veste tutta tempestata a<br />

fiocchi di neve, aveva i capelli et i calzaretti similmente pieni della medesima neve e di brinate e di<br />

ghiacci: e tutte, come seguaci et ancelle di Venere, su la medesima nugola con singolare artifizio e<br />

con bellissimo componimento d’intorno al carro accomodate, [<strong>II</strong>. 936] lasciando dietro a sé Giove e<br />

Giunone e Saturno e Marte e Mercurio e gl’altri Dei, da cui pareva che la prescritta soavissima<br />

armonia uscisse, si vedevano a poco a poco con bellissima grazia verso la terra calare, e per la lor<br />

venuta la scena e la sala tutta di mille preziosissimi e soavi odori riempiersi. Mentre con non meno<br />

leggiadra vista, ma per terra di camminar sembrando, si era da un’altra parte veduto venire il nudo<br />

et alato Amore, accompagnato anch’egli da quelle quattro principali passioni che sì spesso pare che<br />

l’inquieto suo regno conturbar soglino: dalla Speranza cioè, tutta di verde vestita, con un fiorito<br />

ramicello in testa; e dal Timore, conosciuto, oltre alla pallida veste, da’ conigli che nella capelliera e<br />

ne’ calzaretti aveva; e dall’Allegrez[z]a, di bianco e di ranciato e di mille lieti colori coperta<br />

anch’ella, e con la pianta di fiorita borrana sopr’a’ capegli; e dal Dolore, tutto nero e tutto nel<br />

sembiante doglioso e piangente; da’ quali, come ministri, altri gli portava l’arco, altri la faretra e le<br />

saette, altri le reti et altri l’accesa facella. Essendo, mentre che verso il materno carro, già in terra<br />

arrivato, andavano, della nugola a poco a poco le prescritte Ore e Grazie discese, e fatto<br />

reverentemente di sé intorno alla bella Venere un piacevolissimo coro, sembravano di tutte intente<br />

stare a tenergli tenore; mentre ella al figliuol rivolta con grazia singolare ed infinita, faccendogli la<br />

cagione del suo disdegno manifesta, e, tacendo quei del cielo, cantò le seguenti due prime stanze<br />

della ballata, dicendo:<br />

A me, che fatta son negletta e sola,<br />

Non più gl’altar’ né i voti;<br />

Ma di Psiche devoti,<br />

A lei sola si dànno, ella gl’invola:<br />

Dunque, se mai di me ti calse o cale,<br />

Figlio, l’armi tue prendi,<br />

E questa folle accendi<br />

Di vilissimo amor d’uomo mortale.

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