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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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terzo luogo supplicano e pregano quella, che le piaccia per la medesima bontà e liberalità sua sovenirgli<br />

di tutto quello che in celebrare dette essequie, oltra la loro possibilità, la quale e piccolissima, facesse<br />

loro di bisogno. E tutte queste cose e ciascuna d’esse si sono trattate e diliberate alla presenza e con<br />

consentimento del molto magnifico e reverendo monsignore messer Vincenzio Borghini, Priore<br />

degl’Innocenti, Luogotenente di Sua Eccellenzia illustrissima di detta Accademia e Compagnia del<br />

Disegno. La quale etc..<br />

Alla quale lettera dell’Accademia fece il Duca questa risposta:<br />

Carissimi nostri. Siamo molto contenti di sodisfare pienamente alle vostre petizioni, tanta è stata sempre<br />

l’affezione che noi portamo alla rara virtù di Michelagnolo Buonarruoti e portiamo ora a tutta la<br />

professione vostra. Però non lasciate di essequire quanto voi avete in proponimento di fare per<br />

l’essequie di lui, ché noi non mancheremo di sovenire a’ bisogni vostri; et intanto si è scritto a messer<br />

Benedetto Varchi per l’orazione, et allo Spedalingo quello di più che vi soviene in questo proposito. E<br />

state sani. Di Pisa.<br />

La lettera al Varchi fu questa:<br />

Messer Benedetto nostro carissimo. L’affezione che noi portamo alla rara virtù di Michelagnolo<br />

Buonarruoti ci fa desiderare che la memoria di lui sia onorata e celebrata in tutti i modi. Però ci sarà<br />

cosa grata che per amore nostro vi pigliate cura di fare l’orazione che si arà da ricitare nell’essequie di<br />

lui, secondo l’ordine preso dalli deputati dell’Accademia, e gratissima se sarà recitata per l’organo<br />

vostro. E state sano.<br />

Scrisse anco messer Bernardino Grazini ai detti Deputati che nel Duca non si sarebbe potuto<br />

disiderare più ardente disiderio, intorno a ciò, di quello che avea mostrato, e che si promettessino<br />

ogni aiuto e favore da Sua Eccellenzia illustrissima. Mentre che queste cose si trattavano a Firenze,<br />

Lionardo Buonarruoti, nipote di Michelagnolo, il quale, intesa la malatia del zio, si era per le poste<br />

trasferito a Roma, ma non l’aveva trovato vivo, avendo inteso da Daniello da Volterra, stato molto<br />

familiare amico di Michelagnolo, e da altri ancora che erano stati intorno a quel santo vecchio, che<br />

egli aveva chiesto e pregato che il suo corpo fusse portato a Fiorenza, sua nobilissima patria, della<br />

quale fu sempre tenerissimo amatore, aveva con prestezza, e perciò buona resoluzione, cautamente<br />

cavato il corpo di Roma e, come fusse alcuna mercanzia, inviatolo verso Firenze in una balla.<br />

Ma non [<strong>II</strong>. 785] è qui da tacere che quest’ultima risoluzione di Michelagnolo dichiarò, contra<br />

l’openione d’alcuni, quello che era verissimo, cioè che l’essere stato molti anni assente da Firenze<br />

non era per altro stato che per la qualità dell’aria; perciò che la sperienza gli aveva fatto conoscere<br />

che quella di Firenze, per essere acuta e sottile, era alla sua complessione nimicissima, e che quella<br />

di Roma, più dolce e temperata, l’aveva mantenuto sanissimo fino al novantesimo anno, con tutti i<br />

sensi così vivaci e interi come fussero stati mai, e con sì fatte forze, secondo quell’età, che insino<br />

all’ultimo giorno non aveva lasciato d’operare alcuna cosa. Poi che, dunque, per così sùbita e quasi<br />

improvisa venuta non si poteva far per allora quello che fecero poi, arrivato il corpo di<br />

Michelagnolo in Firenze fu messa, come vollono i Deputati, la cassa il dì medesimo ch’ella arrivò<br />

in Fiorenza, cioè il dì undici di marzo, che fu in sabato, nella Compagnia dell’Assunta, che è sotto<br />

l’altar maggiore e sotto le scale di dietro di San Piero Maggiore, senza che fusse tocca di cosa<br />

alcuna. Il dì seguente, che fu la domenica della seconda settimana di Quaresima, tutti i pittori,<br />

scultori et architetti si ragunarono così dissimulatamente intorno a San Piero, dove non avevano<br />

condotto altro che una coperta di velluto, fornita tutta e trapuntata d’oro, che copriva la cassa e tutto<br />

il feretro, sopra la quale cassa era una imagine di Crucifisso. Intorno poi a mezza ora di notte,<br />

ristretti tutti intorno al corpo, in un sùbito i più vecchi et eccellenti artefici diedero di mano a una<br />

gran quantità di torchi che lì erano stati condotti, et i giovani a pigliare il feretro con tanta<br />

prontezza, che beato colui che vi si poteva accostare e sotto mettervi le spalle, quasi credendo<br />

d’avere nel tempo a venire a poter gloriarsi d’aver portato l’ossa del maggior uomo che mai fusse<br />

nell’arti loro.

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