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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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ellezza, perché dove si andava prima per certe vie storte e strette, allargandole Antonio e dando<br />

loro miglior forma, le fece comode e belle. Ma questo luogo non istà oggi in quel modo che lo fece<br />

Antonio, perché papa Giulio Terzo ne levò le colonne che vi erano di granito per ornarne la sua<br />

vigna, et alterò ogni cosa. Fece Antonio in Banchi la facciata della Zecca vecchia di Roma con<br />

bellissima grazia in quello angolo girato in tondo, che è tenuto cosa difficile e miracolosa; e in<br />

quell’opera mise l’arme del Papa. Rifondò il resto delle logge papali, che per la morte di Leone non<br />

s’erano finite, e per la poca cura d’Adriano non s’erano continuate né tócche; e così secondo il<br />

volere di Clemente furono condotte a ultimo fine.<br />

Dopo, volendo Sua Santità fortificare Parma e Piacenza, dopo molti disegni e modelli che da diversi<br />

furono fatti, fu mandato Antonio in que’ luoghi, e seco Giulian Leno, sollecitatore di quelle<br />

fortificazioni; e là arivati, essendo con Antonio l’Abbaco suo creato, Pier Francesco da Viterbo,<br />

ingegnere valentissimo, e Michele da San Michele architetto veronese, tutti insieme condussero a<br />

perfezzione i disegni di quelle fortificazioni. Il che fatto, rimanendo gl’altri, se ne tornò Antonio a<br />

Roma, dove essendo poca commodità di stanze in palazzo, ordinò papa Clemente che Antonio sopra<br />

la Ferraria cominciasse quelle dove si fanno i concistori poblici; le quali furono in modo condotte,<br />

che il Pontefice ne rimase sodisfatto, e fece farvi poi sopra le stanze de’ camerieri di Sua Santità.<br />

Similmente fece Antonio, sopra il tetto di queste stanze, altre stanze comodissime: la quale opera fu<br />

pericolosa molto per tanto rifondare. E nel vero in questo Antonio valse assai, attesoché le sue<br />

fabbriche mai non mostrarono un pelo, né fu mai fra i moderni altro architetto più sicuro né più<br />

accorto in congiugnere mura.<br />

Essendosi al tempo di papa Paulo Secondo la chiesa della Madonna di Loreto, che era piccola e col<br />

tetto in su i pilastri di mattoni alla salvatica, rifondata e fatta di quella grandezza che ella essere<br />

oggi si vede, mediante l’ingegno e virtù di Giuliano da Maiano, et essendosi poi seguitata, dal<br />

cordone di fuori in su, da Sisto Quarto e da altri, come si è detto, finalmente al tempo di Clemente,<br />

non avendo prima fatto mai pur un minimo segno di rovina, s’aperse l’anno 1526 di maniera, che<br />

non solamente erano in pericolo gl’archi della tribuna, ma tutta la chiesa in molti luoghi, per essere<br />

stato il fondamento debole e poco a dentro. Per che, essendo da detto papa Clemente mandato<br />

Antonio a riparare a tanto disordine, giunto che egli fu a Loreto, puntellando gl’archi et armando il<br />

tutto con animo risolutissimo e di giudizioso architetto, la rifondò tutta; e ringrossando le mura et i<br />

pilastri fuori e dentro, gli diede bella forma nel tutto e nella proporzione de’ membri, e la fece<br />

gagliarda da poter reggere ogni gran peso, continuando un medesimo ordine nelle crociere e navate<br />

della chiesa, con superbe modanature d’architravi sopra gl’archi, fregi e cornicioni; e rendé<br />

sopramodo bello e ben fatto l’imbasamento de’ quattro pilastri grandi che vanno intorno all’otto<br />

facce della tribuna, che reggono [<strong>II</strong>. 318] i quattro archi, cioè i tre delle crociere, dove sono le<br />

cappelle, e quello maggiore della nave del mezzo. La quale opera merita certo di essere celebrata<br />

per la migliore che Antonio facesse già mai, e non senza ragionevole cagione: perciò che coloro che<br />

fanno di nuovo alcun’opera o la levano dai fondamenti, hanno facultà di potere alzarsi, abbassarsi e<br />

condurla a quella perfezzione che vogliono e sanno migliore, senza essere da alcuna cosa impediti;<br />

il che non aviene a chi ha da regolare o restaurare le cose cominciate da altri, e mal condotte o<br />

dall’artefice o dagl’avenimenti della fortuna: onde si può dire che Antonio risuscitasse un morto, e<br />

facesse quello che quasi non era possibile. E fatte queste cose, ordinò ch’ella si coprisse di piombo,<br />

e diede ordine come si avesse a condurre quello che restava da farsi; e così per opera di lui ebbe<br />

quel famoso tempio miglior forma e miglior grazia che prima non aveva, e speranza di lunghissima<br />

vita. Tornato poi a Roma dopo che quella città era stata messa a sacco, avendosi il Papa in Orvieto,<br />

vi pativa la corte grandissimo disagio d’acqua. Onde, come volle il Pontefice, murò Antonio un<br />

pozzo tutto di pietra in quella città, largo 25 braccia, con due scale a chiocciola intagliate nel tufo,<br />

l’una sopra l’altra, secondo che il pozzo girava; nel fondo del qual pozzo si scende, per le dette due<br />

scale a lumaca, in tal maniera, che le bestie che vanno per l’acqua entrano per una porta e calano<br />

per una delle due scale; e arrivate in sul ponte dove si carica l’acqua, sanza tornare indietro, passano<br />

all’altro ramo della lumaca che gira sopra quella della scesa, e per un’altra porta diversa e contraria<br />

alla prima riescono fuori del pozzo. La qual opera, che fu cosa ingegnosa, comoda e di maravigliosa

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