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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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de’ Medici un modello delle finestre inginocchiate a quelle stanze che sono sul canto dove Giovanni<br />

da Udine lavorò quella camera di stucco e dipinse, che è cosa lodatissima; e fecevi fare, ma con suo<br />

ordine, dal Piloto orefice quelle gelosie di rame straforato, che son certo cosa mirabile.<br />

Consumò Michelagnolo molti anni in cavar marmi; vero è che, mentre si cavavano, fece modelli di<br />

cera et altre cose per l’opera. Ma tanto si prolungò questa impresa, che i danari del Papa assegnati a<br />

questo lavoro si consumarono nella guerra di Lombardia, e l’opera per la morte di Leone rimase<br />

imperfetta, perché altro non vi si fece che il fondamento dinanzi per reggerla, e condussesi da<br />

Carrara una colonna grande di marmo su la piazza di San Lorenzo. Spaventò la morte di Leone<br />

talmente gli artefici e le arti, et in Roma et in Fiorenza, che, mentre che Adriano VI visse,<br />

Michelagnolo s’attese in Fiorenza alla sepoltura di Giulio. Ma morto Adriano e creato Clemente<br />

V<strong>II</strong>, il quale nelle arti dell’architettura, della scultura, della pittura fu non meno desideroso di lasciar<br />

fama che [<strong>II</strong>. 739] Leone e gli altri suo predecessori, in questo tempo, l’anno 1525 fu condotto<br />

Giorgio Vasari fanciullo a Fiorenza dal cardinale di Cortona e messo a stare con Michelagnolo a<br />

imparare l’arte. Ma essendo lui chiamato a Roma da papa Clemente V<strong>II</strong>, perché gli aveva<br />

cominciato la Libreria di San Lorenzo e la Sagrestia nuova per metter le sepolture di marmo de’<br />

suoi maggiori che egli faceva, si risolvé che il Vasari andasse a stare con Andrea del Sarto fino che<br />

egli si spediva, et egli proprio venne a bottega di Andrea a raccomandarlo. Partì per Roma<br />

Michelagnolo in fretta, e infestato di nuovo da Francesco Maria duca di Urbino, nipote di papa<br />

Giulio, il quale si doleva di Michelagnolo, dicendo che aveva ricevuto 16 mila scudi per detta<br />

sepoltura e che se ne stava in Fiorenza a’ suoi piaceri, e lo minacciò malamente che, se non vi<br />

attendeva, lo farebbe capitare male. Giunto a Roma, papa Clemente, che se ne voleva servire, lo<br />

consigliò che facessi conto cogli agenti del Duca, ché pensava che, a quel ch’egli aveva fatto, fussi<br />

più tosto creditore che debitore. La cosa restò così. E ragionando insieme di molte cose, si risolsero<br />

di finire affatto la Sagrestia e Libreria nuova di S. Lorenzo di Fiorenza. Laonde partitosi di Roma,<br />

e’ voltò la cupola che vi si vede, la quale di vario componimento fece lavorare, et al Piloto orefice<br />

fece fare una palla a 72 facce, che è bellissima. Accadde, mentre che e’ la voltava, che fu<br />

domandato da alcuni suoi amici: “Michelagnolo, voi doverete molto variare la vostra lanterna da<br />

quella di Filippo Brunelleschi”; et egli rispose loro: “Egli si può ben variare, ma migliorare no”.<br />

Fecevi dentro 4 sepolture, per ornamento nelle facce, per li corpi de’ padri de’ 2 Papi, Lorenzo<br />

Vecchio e Giuliano suo fratello, e per Giuliano fratello di Leone e per il duca Lorenzo suo nipote. E<br />

perché egli la volse fare ad imitazione della Sagrestia vecchia che Filippo Brunelleschi aveva fatto,<br />

ma con un altro ordine di ornamenti, vi fece dentro un ornamento composito nel più vario e più<br />

nuovo modo che per tempo alcuno gli antichi e i moderni maestri abbino potuto operare: perché<br />

nella novità di sì belle cornici, capitegli e base, porte, tabernacoli e sepolture fece assai diverso da<br />

quello che di misura, ordine e regola facevano gli uomini secondo il comune uso e secondo Vitruvio<br />

e le antichità, per non volere a quello agiugnere. La quale licenzia ha dato grande animo, a quelli<br />

che ànno veduto il far suo, di mettersi a imitarlo, e nuove fantasie si sono vedute poi, alla grottesca<br />

più tosto che a ragione o regola, a’ loro ornamenti; onde gli artefici gli hanno infinito e perpetuo<br />

obligo, avendo egli rotti i lacci e le catene delle cose che per via d’una strada comune eglino di<br />

continuo operavano. Ma poi lo mostrò meglio, e volse far conoscere tal cosa nella Libreria di San<br />

Lorenzo, nel medesimo luogo, nel bel partimento delle finestre, nello spartimento del palco e nella<br />

meravigliosa entrata di quel ricetto. Né si vidde mai grazia più risoluta nel tutto e nelle parti, come<br />

nelle mensole, ne’ tabernacoli e nelle cornici, né scala più comoda; nella quale fece tanto bizzarre<br />

rotture di scaglioni e variò tanto da la comune usanza delli altri, che ognuno se ne stupì. Mandò in<br />

quello tempo Pietro Urbano pistolese, suo creato, a Roma a mettere in opera un Cristo ignudo che<br />

tiene la croce, il quale è una figura mirabilissima, che fu posto nella Minerva, allato alla cappella<br />

maggiore, per messer Antonio Metelli. Seguì intorno a questo tempo il sacco di Roma, la cacciata<br />

de’ Medici di Firenze; nel qual mu[<strong>II</strong>. 740]tamento, disegnando chi governava rifortificare quella<br />

città, feciono Michelagnolo sopra tutte le fortificazioni commessario generale: dove in più luoghi<br />

disegnò e fece fortificar la città, e finalmente il poggio di S. Miniato cinse di bastioni, e’ quali non<br />

colle piote di terra faceva e legnami e stipe alla grossa, come s’usa ordinariamente, ma armadure di

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