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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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CARRO UN<strong>DI</strong>CESIMO <strong>DI</strong> VULCANO<br />

[<strong>II</strong>. 967] Vulcano lo Dio del fuoco poi, vecchio e brutto e zoppo, e con un turchino cappello in testa,<br />

ebbe l’undicesimo carro, da due gran cani tirato, figurando in esso l’isola di Lemno in cui si dice<br />

Vulcano, di cielo gettato, essere stato da Tetide nutrito et ivi aver cominciato a fabbricare a Giove le<br />

prime saette; innanzi a cui (come ministri e serventi suoi) si vedevano camminare tre Ciclopi,<br />

Bronte e Sterpone e Piracmone, della cui opera si dice esser solito valersi intorno alle saette<br />

prescritte. Ma dopo loro in pastoral abito, con una gran zampogna al collo et un bastone in mano, si<br />

vedeva venire l’amante della bella Galatea et il primo di tutti i Ciclopi, Polifemo, e con lui il<br />

deforme ma ingegnoso e di sette stelle inghirlandato Erictonio, di Vulcano, volente violar Minerva,<br />

con i serpentini piedi nato: per nascondimento della brutezza de’ quali si tiene che primo ritrovator<br />

fusse dell’uso delle carrette. Onde, con una d’esse in mano camminando, si vedeva esser seguitato<br />

dal ferocissimo Cacco, di Vulcano anch’egli figliuolo, gettante per la bocca e per lo naso perpetue<br />

faville, e da Ceculio, figliuolo di Vulcano similmente, e similmente di pastoral abito, ma con la real<br />

diadema adorno: in mano a cui, per memoria dell’edificata Preneste, si vedeva nell’una una città<br />

posta sopra un monte e nell’altra un’accesa e rosseggiante fiamma. Ma dopo loro si vedeva venire<br />

Servio Tullo re di Roma, che di Vulcano anch’egli esser nato si crede, in capo a cui, sì come a<br />

Ceculio in mano, per accennamento del felice augurio, si vedeva da una simil fiamma esser<br />

mirabilmente fatta splendida et avventurosa ghirlanda. Vedevasi poi la gelosa Procri, del prescritto<br />

Erictonio figliuola e moglie di Cefalo, a cui per memoria dell’antica favola sembrava essere da un<br />

dardo il petto trapassato; e con lei si vedeva Orizia sua sorella, in verginale e leggiadro abito, che<br />

Pandione re d’Atene, di reali e greci vestimenti adorno, e con loro del medesimo padre nato, in<br />

mezzo mettevano. Ma Progne e Filomena, di costui figliuole, vestite l’una di pelle di cervo, con<br />

un’aste in mano e con una garrula rondinella in testa, e l’altra un rosignuolo nel medesimo luogo<br />

portando, et in mano similmente (denotando il suo misero caso) un donnesco burattello lavorato<br />

avendo, pareva, benché di ricco abito adorna, che tutta mesta l’amato padre seguitasse; avendo con<br />

loro, perché l’ultima parte della squadra chiudesse, Cacca di Cacco sorella, per Dea dagl’antichi<br />

adorata, perciò che, deposto il fraterno amore, si dice avere ad Ercole manifestato l’inganno delle<br />

furate vacche.<br />

CARRO DUO<strong>DI</strong>CESIMO <strong>DI</strong> IUNONE<br />

[<strong>II</strong>. 968] Ma la regina Iunone, di reale e ricca e superba corona e di trasparenti e lucide vesti adorna,<br />

passato Vulcano, si vide con molta maestà sul duodicesimo non men di nessun degl’altri pomposo<br />

carro venire, da due vaghissimi pavoni tirato, dividendo le cinque istoriette de’ suoi gesti, che in<br />

esso dipinte si vedevano, Licoria e Beroe e Deiopeia, sue più belle e da lei più gradite Ninfe. Ma per<br />

la prima delle prescritte istorie si vedeva da lei convertirsi la misera Calisto in orsa, quantunque<br />

fusse poi dal pietoso Giove fra le principalissime stelle in ciel collocata; e nella seconda si vedeva<br />

quando, trasformatasi nella sembianza di Beroe, persuadeva alla mal accorta Semele che chiedesse<br />

in grazia a Giove che con lei si volesse giacere in quella guisa che con la moglie Iunone era usato,<br />

per lo che, come impotente a sostenere la forza de’ celesti splendori, ardendo la misera, si vedeva<br />

essergli da Giove del ventre Bacco cavato, e nel suo medesimo riponendolo, serbarlo al maturo<br />

tempo del parto. Sì come nella terza si vedeva pregar Eolo a mandare gl’impetuosi suoi venti a<br />

dispergere l’armata del troiano Enea; e come nella quarta si vedeva, tutta gelosa similmente,<br />

chiedere a Giove la sfortunata Io, in vacca convertita, e darla, perché da Giove furata non le fusse,<br />

al sempre vigilante Argo in custodia; il quale (come altrove si disse) da Mercurio adormentato et<br />

ucciso, si vedeva nella quinta istoria Iunone mandare all’infelicissima Io lo spietato assillo, acciò<br />

che trafitta e stimolata continuamente la tenesse. Vedendosi venire a piè del carro poi buona parte di

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