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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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si è fatto studii e fatiche d’ogni sorte, apparendo egualmente per tutta l’opera, come chiaramente e<br />

particularmente ancora nella barca di Caronte si dimostra; il quale con attitudine disperata l’anime<br />

tirate dai diavoli giù nella barca batte col remo, ad imitazione di quello che espresse il suo<br />

famigliarissimo Dante, quando disse:<br />

Caron demonio, con occhi di bragia<br />

Loro accennando, tutte le raccoglie;<br />

Batte col remo qualunque si adagia.<br />

Né si può imaginare quanto di varietà sia nelle teste di que’ Diavoli, mostri veramente d’inferno.<br />

Nei peccatori si conosce il peccato e la tema insieme del danno eterno. Et oltra a ogni bellezza<br />

straordinaria è il vedere tanta opera sì unitamente dipinta e condotta, che ella pare fatta in un giorno<br />

e con quella fine che mai minio nissuno si condusse talmente. E nel vero la moltitudine delle figure,<br />

la terribilità e grandezza dell’opera è tale che non si può descrivere, essendo piena di tutti i possibili<br />

umani affetti et avendogli tutti maravigliosamente espressi; avvengaché i superbi, gli invidiosi, gli<br />

avari, i lussuriosi e gli altri così fatti si riconoschino agevolmente da ogni bello spirito, per avere<br />

osservato ogni decoro, sì d’aria, sì d’attitudini e sì d’ogni altra naturale circostanzia nel figurarli.<br />

Cosa che, se bene è maravigliosa e grande, non è stata impossibile a questo uomo, per essere stato<br />

sempre accorto e savio, et avere visto uomini assai et acquistato quella cognizione, con la pratica<br />

del mondo, che fanno i filosofi con la speculazione e per gli scritti. Talché chi giudicioso e nella<br />

pittura intendente si trova, vede la terribilità dell’arte, et in quelle figure scorge i pensieri e gli<br />

affetti, i quali mai per altro che per lui non furono dipinti. Così vede ancora quivi come si fa il<br />

variare delle tante attitudini negli strani e diversi gesti di giovani, vecchi, maschi, femine: nei quali<br />

a chi non si mostra il terrore dell’arte, insieme con quella grazia che egli aveva dalla natura? perché<br />

fa scuotere i cuori di tutti quegli che non son saputi, come di quegli che sanno in tal mestiero. Vi<br />

sono gli scorti che paiono di rilievo, e, con la unione, la morbidezza e la finezza nelle parti delle<br />

dolcezze da lui dipinte mostrano veramente come hanno da essere le pitture fatte da’ buoni e veri<br />

pittori; e vedesi nei contorni delle cose, girate da lui per una via che da altri che da lui non<br />

potrebbono essere fatte, il vero giudizio e la vera dannazione e ressurressione. E questo nell’arte<br />

nostra è quello essempio e quella gran pittura mandata da Dio agli uomini in terra, acciò che<br />

veggano come il Fato fa quando gli intelletti dal supremo grado in terra descendono et hanno in essi<br />

infusa la grazia e la divinità del sapere. Questa opera mena prigioni legati quegli che di sapere l’arte<br />

si persuadono; e nel vedere i segni da lui tirati ne’ [<strong>II</strong>. 749] contorni di che cosa essa si sia, trema e<br />

teme ogni terribile spirito, sia quanto si voglia carico di disegno. E mentre che si guardano le fatiche<br />

dell’opera sua, i sensi si stordiscono solo a pensare che cosa possono essere le altre pitture fatte e<br />

che si faranno, poste a tal paragone. Et[à] veramente felice chiamar si puote, e felicità della<br />

memoria di chi ha visto veramente stupenda maraviglia del secol nostro! Beatissimo e<br />

fortunatissimo Paulo Terzo, poi che Dio consentì che sotto la protezione tua si ripari il vanto che<br />

daranno alla memoria sua e di te le penne degli scrittori! Quanto acquistano i meriti tuoi per le sue<br />

virtù! Certo fato bonissimo hanno a questo secolo nel suo nascere gli artefici, da che hanno veduto<br />

squarciato il velo delle dificultà di quello che si può fare et imaginare nelle pitture e sculture et<br />

architetture fatte da lui. Penò a condurre questa opera otto anni e la scoperse l’anno 1541 (credo io)<br />

il giorno di Natale, con stupore e maraviglia di tutta Roma, anzi di tutto il mondo; et io che<br />

quell’anno andai a Roma per vederla, che ero a Vinezia, ne rimasi stupito.<br />

Aveva papa Paulo fatto fabricare, come s’è detto in Antonio da San Gallo, al medesimo piano una<br />

cappella chiamata la Paulina, a imitazione di quella di Niccola V, nella quale deliberò che<br />

Michelagnolo vi facessi due storie grandi in dua quadroni: che in una fece la Conversione di san<br />

Paulo con Gesù Cristo in aria e moltitudine di Angeli ignudi con bellissimi moti, e di sotto l’essere<br />

sul piano di terra cascato stordito e spaventato Paulo da cavallo, con i suoi soldati attorno, chi<br />

attento a sollevarlo, altri, storditi dalla voce e splendore di Cristo, in varie e belle attitudini e<br />

movenzie amirati e spaventati si fuggano, et il cavallo che fug[g]endo par che dalla velocità del

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