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[II. 1] VITA DI LIONARDO DA VINCI Pittore e Scultore Fiorentino ...

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Bologna. Dove avvenutogli inconsideratamente disgrazia di non pigliare un contrasegno allo entrare<br />

della porta per uscir fuori, come era allora ordinato per sospetto - ché messer Giovanni Bentivogli<br />

voleva che i forestieri che non avevano il contrasegno fussino condennati in lire 50 di bolognini -, et<br />

incorrendo Michelagnolo in tal disordine, né avendo il modo di pagare, fu compassionevolmente<br />

veduto a caso da messer Giovanfrancesco Aldovrandi, uno de’ Sedici del governo, il quale, fattosi<br />

contare la cosa, lo liberò e lo trattenne appresso di sé più d’uno anno. Et un dì l’Aldovrando,<br />

condottolo a vedere l’Arca di San Domenico, fatta, come si disse, da Giovan Pisano e poi da<br />

maestro Niccolò da l’Arca, scultori vecchi, e mancandoci un Angelo che teneva un candelliere et un<br />

San Petronio, figure d’un braccio incirca, gli dimandò se gli bastasse l’animo di fargli: rispose di sì.<br />

Così, fattogli dare il marmo, gli condusse, che son le miglior’ figure che vi sieno; e gli fece dare<br />

messer Francesco Aldovrando ducati trenta d’amendue.<br />

Stette Michelagnolo in Bologna poco più d’uno anno: e vi sarebbe stato più, per satisfare alla<br />

cortesia dello Aldovrandi, il quale l’amava e per il disegno e perché, piacendoli come toscano la<br />

pronunzia del leggere di Michelagnolo, volentieri udiva le cose di [<strong>II</strong>. 721] Dante, del Petrarca e del<br />

Boccaccio et altri poeti toscani. Ma perché conosceva Michelagnolo che perdeva tempo, volentieri<br />

se ne tornò a Fiorenza; e fe’ per Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, di marmo, un San<br />

Giovannino; e poi, dreto a un altro marmo, si messe a fare un Cupido che dormiva, quanto il<br />

naturale; e finito, per mezzo di Baldassarri del Milanese fu mostro a Pierfrancesco per cosa bella,<br />

che, giudicatolo il medesimo, gli disse: “Se tu lo mettessi sotto terra, sono certo che passerebbe per<br />

antico: mandandolo a Roma acconcio in maniera che paressi vecchio, e’ ne caveresti molto più che<br />

a venderlo qui”. Dicesi che Michelagnolo l’acconciò di maniera che pareva antico: né è da<br />

maravigliarsene, perché aveva ingegno da far questo e meglio. Altri vogliono che ‘l Milanese lo<br />

portassi a Roma e lo sotterrassi in una sua vigna, e poi lo vendessi per antico al cardinale San<br />

Giorgio ducati dugento. Altri dicono che gliene vendé un che faceva per il Milanese, che scrisse a<br />

Pierfrancesco che facessi dare a Michelagnolo scudi trenta, dicendo che più del Cupido non aveva<br />

avuti, ingannando il Cardinale, Pierfrancesco e Michelagnolo; ma inteso poi, da chi aveva visto, che<br />

‘l putto era fatto a Fiorenza, tenne modi ch’e’ seppe il vero per un suo mandato, e fece sì l’agente<br />

del Milanese gl’ebbe a rimettere, e riebbe il Cupido. Il quale venuto nelle mani al duca Valentino e<br />

donato da lui alla marchesana di Mantova, che lo condusse al paese dove oggi ancor si vede, questa<br />

cosa non passò senza biasimo del cardinale S. Giorgio, il quale non conoscendo la virtù dell’opera,<br />

che consiste nella perfezzione, ché tanto son buone le moderne quanto le antiche, purché sieno<br />

eccellenti, essendo più vanità quella di coloro che van dietro più al nome che a’ fatti: che di questa<br />

sorte d’uomini se n’è trovato d’ogni tempo, che fanno più conto del parere che dell’essere.<br />

Imperò questa cosa diede tanta riputazione a Michelagnolo, che fu sùbito condotto a Roma et<br />

acconcio col cardinale San Giorgio, dove stette vicino a un anno, che, come poco intendente di<br />

queste arti, non fece fare niente a Michelagnolo. In quel tempo un barbiere del Cardinale, stato<br />

pittore, che coloriva a tempera molto diligentemente ma non aveva disegno, fattosi amico,<br />

Michelagnolo gli fece un cartone d’un San Francesco che riceve le stìmate, che fu condotto con i<br />

colori dal barbieri in una tavoletta molto diligentemente; la qual pittura è oggi locata in una prima<br />

cappella, entrando in chiesa a man manca, di San Piero a Montorio. Conobbe bene poi la virtù di<br />

Michelagnolo messer Iacopo Galli, gentiluomo romano, persona ingegnosa, che gli fece fare un<br />

Cupido di marmo, quanto il vivo, et appresso una figura di un Bacco di palmi dieci, che ha una<br />

tazza nella man destra e nella sinistra una pelle d’un tigre et un grappolo d’uve, che un Satirino<br />

cerca di mangiargliene; nella qual figura si conosce che egli ha voluto tenere una certa mistione di<br />

membra maravigliose, e particolarmente avergli dato la sveltezza della gioventù del maschio e la<br />

carnosità e tondezza della femina: cosa tanto mirabile, che nelle statue mostrò essere eccellente più<br />

d’ogni altro moderno il quale sino allora avesse lavorato. Per il che nel suo stare a Roma acquistò<br />

tanto nello studio dell’arte, ch’era cosa incredibile vedere i pensieri alti e la maniera difficile con<br />

facilissima facilità da lui esercitata, tanto con ispavento di quegli che non erano usi a vedere cose<br />

tali, quanto degli usi alle buone, perché le [<strong>II</strong>. 722] cose che si vedevano fatte parevano nulla al<br />

paragone delle sue. Le quali cose destarono al cardinale di San Dionigi, chiamato il cardinale

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