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tesi M. Baino.pdf - EleA@UniSA

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Il privilegio di viaggiare è stato per secoli, lo si sa, riserva del<br />

mondo maschile. La letteratura occidentale, già dalle sue origini, ha<br />

creato la polarità Ulisse-Penelope, che sembra derivare direttamente<br />

da una struttura del pantheon greco, quella costituita dalla coppia<br />

Hermes-Hestia. Il modo di esperire lo spazio e il movimento elaborato<br />

nella Grecia arcaica fa sì che sia Ulisse-Hermes a rappresentare<br />

l‟elemento centrifugo, l‟erranza, gli imprevisti dell‟esterno, mentre<br />

Penelope-Hestia rimane custode dell‟ oîkos, il focolare circolare della<br />

casa micenea, che, come un ombelico, radica la dimora alla terra. I<br />

suoi simboli sono quelli della permanenza e del ripiegamento in sé<br />

stessi 128 . Nondimeno, un carattere fondamentale di ambiguità,<br />

un‟opposizione o una tensione interna a ciascuna delle figure divine di<br />

Hermes e di Hestia, presupposti della loro stessa complementarità,<br />

hanno fatto sì che la voglia di andare non fosse più solo appannaggio<br />

del principio maschile. “Anch‟ io sono partita”, potrebbe a buon<br />

diritto esclamare una Hestia-Penelope dal fondo delle pagine di<br />

quell‟Itinerarium Egeriae o Peregrinatio Aetheriae, testo latino della<br />

fine del IV secolo, nel quale una Egeria, o Eteria, descrive il suo<br />

pellegrinaggio in Terrasanta 129 . Ben prima, quindi, dell‟indebolimento<br />

storicamente conosciuto dai ruoli maschile e femminile con la<br />

modernità (fino al rapporto, diremo così, liquido, dovuto al<br />

disambientamento postmoderno). Per Monica Szurmuk l‟antica<br />

pellegrina in terra santa è stata, senza saperlo, la fondatrice del genere<br />

letterario costituito dalla narrativa di viaggio:<br />

128 Cfr. Jean Pierre Vernant, Hestia-Hermes, Sull‟espressione religiosa dello spazio e del<br />

movimento presso i Greci, in Mito e pensiero presso i Greci, Einaudi, Torino 1978, 147-200.<br />

129 La parte centrale del testo originale, circa un terzo, privo dell‟inizio e della fine, venne ritrovata<br />

nel 1884 dallo studioso Gian Francesco Gamurrini in un manoscritto dell‟XI secolo, scritto<br />

nell‟abbazia di Montecassino e rinvenuto ad Arezzo , pubblicato per la prima volta nel 1887 dallo<br />

stesso Gamurrini. Un‟altra edizione è quella di Paul Geyer, S.Silviae, quae fertur. Peregrinatio in<br />

loca santa, in Itinera Hierosolymitana saeculi III-VIII (Corpus scriptorum ecclesiastico rum<br />

latinorum, XXXIX), Vienna 1898, che attribuisce il testo a Silvia, sorella di Rufino.<br />

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