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L'analisi - Enea

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Per quanto riguarda il settore commerciale i consumi energetici e le relative emissioni (tabella<br />

4.21), sono state messe in relazione al valore aggiunto del settore terziario commerciale e,<br />

come per il settore domestico, corrette per i rispettivi gradi giorno regionali (tabella 4.19).<br />

Anche in questo caso si adotta una doppia metodologia delle 3 Mt di riduzione richieste nello<br />

scenario CIPE 2002: 2 sono distribuite in maniera equivalente tra le Regioni in base al peso<br />

delle emissioni corrette sull’obiettivo nazionale di riduzione ed 1 Mt in considerazione ai<br />

maggiori potenziali di riduzione delle Regioni con una più elevata richiesta di calore.<br />

Nello scenario alternativo le maggiori riduzioni di 0,5 Mt vengono assegnate a questo secondo<br />

gruppo di Regioni. La scelta del valore aggiunto come indicatore potrebbe sollevare dei<br />

problemi per le Regioni con le maggiori aspettative di crescita delle attività commerciali, in<br />

particolare modo le Regioni del sud potrebbero richiedere di avere più spazio di crescita dei<br />

consumi in ragione di un’auspicata maggiore crescita delle Regioni del nord Italia.<br />

A livello di regolazione Stato-Regioni, tuttavia, nulla vieta di potere correggere gli obiettivi<br />

ipoteticamente assegnati alle Regioni in base all’effettiva crescita del settore terziario. In tale<br />

caso la differenza di emissioni rispetto agli obiettivi assegnati potrebbe essere socializzata a<br />

livello nazionale come contributo allo sviluppo.<br />

Tabella 4.21 – Obiettivo di riduzione regionale del settore terziario (ktCO2)<br />

Emissioni da<br />

ridurre CIPE<br />

2002 (a)<br />

Emissioni da<br />

ridurre CIPE<br />

2002 (b)<br />

245<br />

Totale<br />

emissioni da<br />

ridurre CIPE<br />

2002<br />

Emissioni da<br />

ridurre scenario<br />

alternativo (b)<br />

Totale<br />

emissioni da<br />

ridurre scenario<br />

alternativo<br />

Piemonte -141 -238 -378 -345 -486<br />

Valle d'Aosta -7 -21 -29 -31 -38<br />

Lombardia -378 -368 -746 -552 -930<br />

Trentino-Alto Adige -14 -46 -60 -65 -79<br />

Veneto -165 -146 -312 -221 -386<br />

Friuli-Venezia Giulia -45 -22 -67 -35 -80<br />

Liguria -87 0 -87 0 -87<br />

Emilia-Romagna -243 -149 -392 -233 -476<br />

Toscana -194 0 -194 0 -194<br />

Umbria -21 -3 -24 -6 -27<br />

Marche -51 0 -51 0 -51<br />

Lazio -293 0 -293 0 -293<br />

Abruzzo -37 0 -37 0 -37<br />

Molise -5 -2 -6 -3 -7<br />

Campania -82 0 -82 0 -82<br />

Puglia -107 0 -107 0 -107<br />

Basilicata -14 -5 -19 -9 -23<br />

Calabria -29 0 -29 0 -29<br />

Sicilia -70 0 -70 0 -70<br />

Sardegna -16 0 -16 0 -16<br />

ITALIA -2000 -1000 -3000 -1500 -3500<br />

4.4.4 Il burden sharing regionale<br />

Con questa ultima tavola viene indicata una ipotesi relativa alle quote di attribuzione<br />

dell’obiettivo nazionale per ogni singola Regione. La diminuzione in termini di tonnellate di CO2<br />

assegnata alla Regione viene poi espressa in percentuale sull’anno base, nel nostro caso il<br />

2003. Tale percentuale sta ad indicare che lo Stato, in base alla metodologia adottata anche in<br />

considerazione degli strumenti già in atto, si aspetta che la Regione diminuisca di un<br />

determinato quantitativo le sue emissioni. Come ricordato nei paragrafi iniziali, la<br />

quantificazione e l’elaborazione di un burden sharing regionale deve porsi innanzitutto<br />

l’obiettivo di rappresentare uno strumento di monitoraggio delle politiche e misure di riduzione<br />

delle emissioni di CO2 emanate a livello centrale.

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