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L'analisi - Enea

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Tabella 8.9 - Capacità produttiva stimata dei principali produttori di biodiesel in Europa<br />

Produttore Paese Capacità produttiva stimata<br />

(t/anno)<br />

Diester Industrie<br />

ADM<br />

Novaol<br />

Mitteldeutsche Umesterungs WerKe - MUW<br />

Fox Petroli<br />

Campa Biodiesel Gmbh<br />

Bio-Olwerk Magdeburg<br />

EOP Biodiesel<br />

Fonte: EurObserv’ER - Biofuels Barometer, 2006<br />

Francia<br />

USA<br />

Italia<br />

Germania<br />

Italia<br />

Germania<br />

Germania<br />

Germania<br />

461<br />

500.500<br />

420.000<br />

250.000<br />

180.000<br />

150.000<br />

120.000<br />

100.000<br />

325.000<br />

La situazione è comunque in rapida evoluzione perché tutti i principali operatori del<br />

settore stanno attualmente potenziando i propri impianti e realizzandone di nuovi per<br />

rispondere al prevedibile aumento della richiesta di biodiesel conseguente all’applicazione<br />

della Direttiva Europea n. 30/2003, mentre continuano ad affacciarsi sul mercato sempre<br />

nuovi produttori.<br />

Fuori dell’Europa, esistono alcune produzioni limitate di biodiesel da olio di soia negli USA<br />

(dove in qualche caso si utilizzano anche oli esausti e grassi animali) e in America latina.<br />

Gli impianti attualmente in funzione sono molto più piccoli di quelli europei ed hanno<br />

ancora per la maggior parte una valenza soprattutto dimostrativa.<br />

In Brasile erano in funzione alla fine del 2005 sette impianti industriali di piccola taglia,<br />

che utilizzavano oli vegetali di provenienza locale (per la maggior parte soia), con una<br />

capacità produttiva complessiva di circa 100.000 t/anno di biodiesel 8 .<br />

Impianti industriali per la produzione di biodiesel da olio di palma o di altre specie<br />

tropicali o sub-tropicali (jatropha) sono in progetto e/o in costruzione in alcuni paesi<br />

asiatici, come Malesia ed India, nel quadro più generale di programmi governativi di<br />

incentivazione alla produzione di biocarburanti da materie prime locali.<br />

8.1.3 La Direttiva Europea n. 30/2003: motivazioni strategiche e stato di<br />

attuazione<br />

Nei primi anni 80, l’agricoltura europea si trovò a dover fronteggiare il problema di una<br />

sovrapproduzione di cereali, causata da una politica agricola comunitaria che incentivava<br />

in primo luogo l’aumento delle produzioni, che, non più collocabile sul mercato<br />

internazionale per la presenza di concorrenti più agguerriti, rischiava di mettere in crisi<br />

l’intero comparto produttivo.<br />

Prese allora corpo l’ipotesi di utilizzare queste materie prime - in modo del tutto analogo<br />

a quanto accadeva negli Stati Uniti con il mais e pur nella consapevolezza dei maggiori<br />

costi rispetto alla fonte fossile - per una produzione su larga scala di bioetanolo da<br />

miscelare direttamente nella benzina (nella misura del 5% in volume stabilita al termine<br />

di un lungo e faticoso negoziato fra la Commissione Europea, l’industria automobilistica e<br />

quella petrolifera) come additivo ossigenato altoottanico, anche in considerazione della<br />

necessità di dover procedere in tempi rapidi all’eliminazione degli additivi a base di<br />

piombo (l’etanolo, come d’altronde molti altri alcoli ed eteri, possiede un elevato potere<br />

antidetonante).<br />

Tale ipotesi, sostenuta da grandi gruppi agroindustriali, fu presa in considerazione in<br />

diversi paesi, tra i quali anche l’Italia, ma la necessità di incentivi pubblici per renderla<br />

economicamente sostenibile e la scelta, da parte dei produttori di carburanti, di seguire<br />

altre vie per l’eliminazione del piombo dalla benzina, unitamente al venir meno<br />

dell’“emergenza eccedenze” in seguito all’introduzione massiccia della messa a riposo<br />

8 Fonte: Brazilian Ministry of External Relations, Department of Energy, 2006.

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