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Scarica il documento - Dipartimento per la Giustizia Minorile

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allegati<br />

nell’ordinamento italiano, ritenute efficaci sotto questo punto di vista e <strong>per</strong>ciò esportab<strong>il</strong>i. di<br />

conseguenza, si sono previsti <strong>la</strong> puntualizzazione del tipo di informazione che è co<strong>per</strong>ta dal<br />

divieto di pubblicazione e <strong>il</strong> diritto al<strong>la</strong> “gestione” del divieto solo ad o<strong>per</strong>a del diretto interessato.<br />

l’ultima garanzia a chiusura del tema privacy si occupa del<strong>la</strong> so<strong>la</strong> pubblicità “immediata”,<br />

contemp<strong>la</strong>ndo come rego<strong>la</strong> generale lo svolgimento a porte chiuse delle udienze penali<br />

minor<strong>il</strong>i, ad evitare l’impatto del pubblico sul minorenne e sul<strong>la</strong> sua integrità psicofisica, oltre<br />

che l’inopportuna divulgazione delle informazioni “sensib<strong>il</strong>i” che sono normalmente raccolte<br />

nelle inchieste sociali e <strong>per</strong>sonologiche, delle quali in udienza si discute.<br />

<strong>la</strong> prof.ssa vania patanè, associato di diritto processuale penale comparato e membro<br />

dell’unità di ricerca dell’università di Catania, ha <strong>il</strong>lustrato i punti di forza del progetto<br />

di linee guida europee in tema di mediazione, partendo dall’idea che questa deve rappresentare<br />

un nuovo modello di approccio al fatto di reato, un paradigma autonomo di giustizia,<br />

generato da un’istanza di riappropriazione dei processi di ricomposizione del conflitto<br />

da parte degli stessi protagonisti, <strong>il</strong> cui esito è <strong>il</strong> su<strong>per</strong>amento del<strong>la</strong> pretesa punitiva legata<br />

all’irrogazione di una sanzione.<br />

Nei rapporti con <strong>il</strong> sistema di giustizia formale, infatti, <strong>la</strong> mediazione o si configura<br />

in termini di radicale alternatività e in tal senso si presenta come totalmente sostitutiva del<br />

paradigma penalistico (fondato sul sinal<strong>la</strong>gma tra fatto tipico e sanzione) o, convivendovi,<br />

rischia di rappresentarne solo un’ennesima variante; a meno di ipotizzare un’interazione tra<br />

diritto penale e giustizia riparativa.<br />

se davvero si intende salvaguardare <strong>la</strong> peculiare valenza del<strong>la</strong> mediazione come meccanismo<br />

di composizione informale del conflitto nascente dal reato anche in contesti ove<br />

non risulta possib<strong>il</strong>e legittimare un rapporto di radicale alternatività dell’ipotesi mediativa<br />

rispetto al modello di rego<strong>la</strong>zione autoritativa del conflitto, l’unica scelta è disciplinarne le<br />

modalità di interazione con <strong>il</strong> sistema di giustizia tradizionale, attraverso una serie di canali<br />

normativi soprattutto di tipo processuale. anche se <strong>il</strong> rischio, inevitab<strong>il</strong>mente sotteso a<br />

questa formalizzazione “ibrida” del paradigma mediativo, è che tale risorsa e soprattutto le<br />

ampie potenzialità ad essa connaturate, vengano ridotte e normativizzate nell’ambito delle<br />

istituzioni penali, con un recu<strong>per</strong>o di contenuto sanzionatorio analogo, pur se non identico,<br />

a quello del<strong>la</strong> pena e del processo.<br />

potenziale campo di applicazione del<strong>la</strong> mediazione dovrà essere quello del fatto<br />

tipico: al<strong>la</strong>rgare <strong>la</strong> sfera di o<strong>per</strong>atività a fatti originariamente atipici, infatti, comporterebbe<br />

<strong>la</strong> probab<strong>il</strong>e crescita a dismisura del controllo penalistico ogniqualvolta, avendo avuto <strong>la</strong><br />

mediazione esito negativo, si rendesse necessario <strong>il</strong> ricorso agli strumenti del sistema di<br />

giustizia formale. <strong>la</strong> topografia del “virtuale” ambito di validità del<strong>la</strong> mediazione, attesa <strong>la</strong><br />

mancanza di un modello “tecnico”, universalmente valido, che consenta di definire i criteri<br />

di selezione delle fattispecie incriminatrici rispetto alle quali possa ritenersi praticab<strong>il</strong>e, non<br />

può essere tracciata sul<strong>la</strong> base di astratte tipologie di reato, quantunque <strong>il</strong> campo elettivo<br />

di applicab<strong>il</strong>ità del<strong>la</strong> mediazione risulti costituito da quegli <strong>il</strong>leciti <strong>per</strong> i quali <strong>il</strong> legis<strong>la</strong>tore, in<br />

ragione del<strong>la</strong> scarsa offensività rispetto all’interesse pubblico ovvero dell’esigenza di una<br />

tute<strong>la</strong> rafforzata del<strong>la</strong> sfera privata dell’offeso, ha subordinato <strong>la</strong> <strong>per</strong>seguib<strong>il</strong>ità del reato ad<br />

una manifestazione di volontà di quest’ultimo.<br />

<strong>la</strong> dicotomia fra “reati mediab<strong>il</strong>i” non deve essere dunque formalizzata secondo un<br />

criterio tarato non tanto sull’entità del disvalore del fatto, quanto, piuttosto, sul<strong>la</strong> natura<br />

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