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"L'Eneide",

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udí l'Onnipotente e torse gli occhi<br />

a le mura regali ed agli amanti<br />

de la fama migliore ismemorati.<br />

Poi si volge a Mercurio e sí gl'ingiunge:<br />

"Figlio, chiana gli zefiri e volando<br />

scendi: al dardanio duce che or s'indugia<br />

ne la tiria Cartagine e non guarda<br />

piú le città concessegli dal fato,<br />

parla e reca per l'aëre il mio cenno.<br />

Lui la madre bellissima non tale<br />

ci promise - né due volte di mano<br />

lo strappa a' Grai per questo -, sí ben ch'egli<br />

pregna di signorie, guerra spirante<br />

reggerebbe l'Italia, la prosapia<br />

rivelerebbe che da Teucro scende<br />

e darebbe la legge a l'universo.<br />

Se non l'infiamma gloria di sí grandi<br />

cose né vuole accingersi a fatiche<br />

per propria lode, Ascanio ei padre froda<br />

de le romane rocche? E che disegna?<br />

o per qual mai speranza tra nemica<br />

gente dimora ed a l'ausonia prole<br />

piú non riguarda né al lavinio suolo?<br />

Navighi! questo è tutto, e tu l'annunzia".<br />

Aveva detto. Quei si preparava<br />

obbedir del gran Padre il cenno, e prima<br />

s'allaccia a' piè gli aurei talari: a volo<br />

questi su le marine e i continenti

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