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"L'Eneide",

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dai tetri gorghi torridi di pece,<br />

e tutto al cenno fe' tremar l'Olimpo.<br />

Qui finîr le parole. Allor si leva<br />

Giove da l'aureo trono, ed i Celesti<br />

in cerchio l'accompagnano a le soglie.<br />

I Rutuli frattanto ad ogni porta<br />

premono a studio di atterrar guerrieri<br />

e le mura cerchiar d'incendio. Stretta<br />

ne' valli sta la legïon d'Enea,<br />

né speranza è di fuga. Su le torri<br />

alte i miseri stanno inutilmente,<br />

e rari coronarono gli spaldi.<br />

Asio Imbràside appar, l'Icetaonio<br />

Timete ne la prima schiera, e i due<br />

Assàraci e con Castore il provetto<br />

Timbri: compagni vengono di questi<br />

entrambi di Sarpèdone i germani<br />

Claro e Temone da l'alpestre Licia.<br />

Con isforzo di tutta la persona<br />

un gran sasso, una falda anzi di monte,<br />

porta il lirnesio Acmon, né a Clizio padre<br />

né al fratello Menèsteo inferïore.<br />

Questi col getto, quei volgendo pietre<br />

studiano a la difesa e avventar fuoco<br />

ed incoccare le saette al nervo.<br />

Esso nel mezzo, degno amor di Venere,<br />

è il dardanio fanciullo a capo ignudo;<br />

quale brilla tra 'l biondo oro una gemma

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