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"L'Eneide",

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A loro sul partir non senza pianto<br />

io diceva: - Viveteci felici,<br />

a cui già piena è la fortuna sua;<br />

incalzati siam noi di fato in fato.<br />

Voi vi posaste né a solcar marina<br />

vi rimane o a cercare ausonie rive<br />

sempre indietro fuggenti. Una sembianza<br />

de lo Xanto vedete ed una Troia<br />

fatta di vostra mano, con migliori<br />

destini, prego, e meno esposti a' Grai.<br />

Se il Tebro mai ed i vicini al Tebro<br />

campi entrerò, se mirerò le mura<br />

date a mia gente, le città sorelle<br />

ne l'avvenire e i popoli propinqui,<br />

a l'Epiro l'Esperia, a cui comune<br />

Dardano è padre e son comuni i casi,<br />

una farem le due Troie col cuore:<br />

sia de' nostri nepoti un tal pensiero -.<br />

Avanziamo sul mar lungo i vicini<br />

Cerauni, donde è il navigar piú breve<br />

verso l'Italia. Cade intanto il sole<br />

e s'ingombrano opachi i monti. In grembo<br />

ci gettiam de la desïata terra<br />

al mar, sortiti i remi, e ne l'asciutto<br />

ci disperdiamo per ristoro intorno:<br />

irriga il sonno gli spossati corpi.<br />

Né a mezzo il giro ancor tratta da l'Ore<br />

salía la Notte, levasi solerte

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