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"L'Eneide",

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pareggiamo: a te d'Èrice condono,<br />

fa' cuore, i cuoi; tu i teucri cesti spoglia".<br />

Cosí detto, gettò la doppia veste<br />

da le spalle, e le membra come travi,<br />

l'ossa grandi ed i muscoli scoperse,<br />

e immenso in mezzo si piantò del circo.<br />

D'Anchise il figlio allor fe' portar fuori<br />

ragionevoli cesti e a l'uno e a l'altro<br />

ebbe armate d'eguali armi le palme.<br />

Stettero eretti su le punte entrambi<br />

subitamente, sollevando al cielo<br />

impavidi le braccia, e le teste alte<br />

molto indietro ritrassero dal colpo,<br />

e intrecciano le mani al fiero gioco.<br />

Piú mobile su' piedi è quegli e forte<br />

di gioventú, di sua gran mole questi,<br />

ma títubano al tremulo i ginocchi<br />

e gli scote le gran membra l'affanno.<br />

Molti indarno tra lor si avventan colpi,<br />

ne addensan molti al cavo fianco, i petti<br />

si fanno risonar, spessa la mano<br />

guizza agli orecchi ed a le tempie intorno,<br />

crosciano a le percosse le mascelle.<br />

Entello grave sta dove s'è fitto,<br />

solo con la persona e i vigili occhi<br />

sfugge le offese: l'altro, qual chi serra<br />

alta città con macchine ed assedia<br />

montani baluardi, or questo or quello

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