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"L'Eneide",

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né con insulto a me vicino avrebbe<br />

Mezenzio mai tante di ferro morti<br />

commesse né di tanti cittadini<br />

vedova fattala città. Ma voi,<br />

deh! voi Celesti e tu nume de' numi<br />

Giove, a l'arcade re, supplico, abbiate<br />

pietà, ne udite la paterna prece.<br />

Se il voler vostro, se mi serba il fato<br />

incolume Pallante, e se avrò vita<br />

per rivederlo ed essere con lui,<br />

viver chiedo, a patire ogni travaglio<br />

son presto. Ma se caso alcuno atroce,<br />

o Fortuna, minacci, or mi sia dato,<br />

deh! or troncare la vita crudele,<br />

mentre vago è il pensier, la speme incerta<br />

de l'avvenir, e te, caro fanciullo,<br />

mia unica, mia ultima dolcezza,<br />

ho tra le braccia; né un dolor gli orecchi<br />

ferisca...".<br />

Queste nel congedo estremo<br />

voci spargeva il genitor, poi venne<br />

meno, ed i servi lo rendeano a casa.<br />

E da le aperte porte i cavalieri<br />

prorompevano già, tra i primi Enea<br />

e il fido Acate, poi di Troia gli altri<br />

duci, e in mezzo a la schiera esso Pallante<br />

ne la clamide bello e l'armi adorne;<br />

Lucifero è cosí, cui predilige

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