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"L'Eneide",

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Venere a tutti i fuochi de le stelle,<br />

quando de le marine onde stillante<br />

si leva in cielo e dissipa la notte.<br />

Stanno su' muri pavide le madri,<br />

seguon con gli occhi il polveroso nembo<br />

e gli squadroni fulgidi di bronzo.<br />

Quelli prendono armati per le fratte<br />

che van prime a la meta; il grido sale,<br />

e in fitto stuolo l'unghia il suol che fuma<br />

di quadruplice scalpito percote.<br />

Grande, presso di Cere al freddo fiume,<br />

è un bosco, per devozïon de' padri<br />

tutto scuro; lo serrano colline,<br />

bruni abeti lo cingono. A Silvano,<br />

dio de' campi e del gregge, il bosco e un giorno<br />

è fama dedicassero gli antichi<br />

Pelasghi che già tennero per primi<br />

il paese latino. Indi non lunge<br />

Tarcone ed i Tirreni aveano il campo<br />

in sicurezza, e si potea già tutta<br />

la legïon veder da l'alto clivo<br />

largamente attendata a la campagna.<br />

Ivi presso si fanno il padre Enea<br />

ed i suoi scelti prodi, e affaticati<br />

de' cavalli e di sé prendono cura.<br />

Ma tra i veli del ciel Venere bella<br />

venía co' doni, e al figlio in una valle<br />

riposta, appena che appartato il vide

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