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"L'Eneide",

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S'accostarono al gran feretro alcuni,<br />

mesto ufficio, e le faci a mo' de' padri<br />

vi tenner sotto con la faccia volta.<br />

Insiem s'ardono i doni de l'incenso,<br />

le vivande e pioventi olio i crateri.<br />

Cadute poi le ceneri, la fiamma<br />

finita, i resti e le suggenti brage<br />

aspersero di vino e l'ossa accolte<br />

Corinèo chiuse in una urna di bronzo.<br />

Esso tre volte va con l'acqua pura<br />

intorno per gli astanti leggermente<br />

rorandoli d'un ramo del benigno<br />

ulivo e cosí tutti ebbe lustrati<br />

e disse le novissime parole.<br />

Ma il pio Enea di gran mole un sepolcro<br />

sovrappone a quel prode e l'armi sue<br />

e remo e tromba ne l'aërio monte,<br />

che Miseno da quello oggi si chiama<br />

e il nome per i secoli propaga.<br />

Appresso poi sollecito i precetti<br />

compie de la Sibilla. Una spelonca<br />

profonda fu che spaventosa s'apre,<br />

scogliosa; la difendono il padule<br />

nero e la tenebría de le foreste,<br />

su la qual non potevano gli uccelli<br />

stendere il volo impunemente, tale<br />

fiato si esala da la tetra gola<br />

[onde dissero il luogo Aorno i Grai].

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