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"L'Eneide",

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Di tutti piú, sacra al futuro danno,<br />

la Fenicia infelice non si sazia<br />

e piú arde guardando, e del fanciullo<br />

è del pari commossa e de' presenti.<br />

Esso, poi che d'Enea sospeso al collo<br />

appagò del non vero padre il grande<br />

amore, corre a la regina. Questa<br />

ha le pupille e tutto il cuore in lui,<br />

e in grembo anche il riceve, inconscia Dido<br />

qual grande iddio su lei misera posi.<br />

Memore ei ben de l'acidalia madre<br />

s'accinge e studia a cancellar Sicheo,<br />

e move a vincer con un vivo affetto<br />

i sensi e il cuor da tempo dissueti.<br />

Al posar primo del banchetto, via<br />

tolte le mense, appongono i crateri<br />

grandi e i vini coronano. È un clamore<br />

per le stanze, le voci empion le volte:<br />

pendono i lumi da' soffitti aurati<br />

e vive torce vincono la notte.<br />

Qui la regina chiese un nappo grave<br />

di gemme e d'oro, e lo colmò di vino,<br />

in uso a Belo e a quanti son da Belo;<br />

e fu silenzio per le stanze allora:<br />

"O Giove, poi che agli ospiti dar legge<br />

dicono te, tu questo dí fa lieto<br />

a' Tirii e a quei che vennero da Troia,<br />

e che l'abbiano a mente i nostri figli.

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