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"L'Eneide",

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comprendeva gli agresti abitatori,<br />

venerabondi del selvoso sasso.<br />

"Questo bosco" il re dice "e questa vetta<br />

frondosa, non si sa qual dio, ma un dio<br />

l'abita. Credon gli Arcadi aver visto<br />

esso Giove talor che con la destra<br />

la bruna egida scuote e aduna i nembi.<br />

Qui due dírute moli altresí vedi<br />

resti e ricordi de' progenitori:<br />

Giano padre quest'arce, e questa pose<br />

Saturno, onde Gianicolo era quella<br />

e quest'altra Saturnia nominata".<br />

Cosí tra lor parlando a la dimora<br />

già del semplice Evandro eran vicini,<br />

e vedean sparsi mugolare armenti<br />

per il Romano Foro e le Carine<br />

splendide. Come furono a le soglie,<br />

"Qui" disse "entrò vittorïoso Alcide;<br />

questa reggia il contenne. Osa spregiare,<br />

ospite, le dovizie, e te pur degno<br />

fa del dio; vieni, e a povertà sorridi".<br />

Cosí nel tetto angusto il grande Enea<br />

mise e gli diè foglie per letto ed una<br />

pelle d'un'orsa libica.<br />

La notte<br />

cade e abbraccia con fosche ali la terra.<br />

Ma Venere, sgomenta non indarno<br />

nel cuor materno a le minacce e a' moti

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