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"L'Eneide",

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insieme dà l'armi a' compagni. Ed ecco,<br />

improvviso mirabile portento,<br />

candida tra le piante e concolore<br />

co' bianchi nati su la verde riva<br />

una scrofa giacersi. A te l'immola<br />

il pio Enea, a te, massima Giuno,<br />

e la fa star con la sua turba a l'ara.<br />

Il Tevere abboní, per quanto è lunga<br />

quella notte la sua gonfia corrente<br />

e sí la rese tacita che, a modo<br />

di cheto stagno e placida palude,<br />

piana si stende e senza intoppo al remo.<br />

Dunque l'impresa via con rumor lieto<br />

tengono; scorre lo spalmato abete;<br />

e ammiran l'onde, ammira la foresta<br />

sorpresa lungi lampeggiar gli scudi<br />

e nuotando venir le pinte prore.<br />

Quei sudano al remeggio e notte e giorno<br />

e seguono le lunghe curve; sotto<br />

agli alberi scompaiono, solcando<br />

per il placido pian le verdi selve.<br />

Salito in mezzo al cielo il sole ardea,<br />

quando i muri e la rocca di lontano<br />

vedono e rari de le case i tetti:<br />

la romana grandezza or tutto quivi<br />

fece divino, allor tenealo Evandro<br />

povero regno. Volgono le prore<br />

rapide e a la città si fanno presso.

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