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"L'Eneide",

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e lancian dardi: quali sotto al nembo<br />

si fanno le strimonie gru sentire<br />

che l'aëre traversano rombando<br />

e con lieto clamor fuggono i Noti.<br />

Quella al rutulo re fu maraviglia<br />

e a' duci ausonii, insin che riguardando<br />

vedon le poppe al lido volte e tutto<br />

venire a riva con la flotta il mare.<br />

Arde l'elmo a la cima, e da le piume<br />

fiamma si sparge, e il rilevato centro<br />

de l'aureo scudo un vasto incendio spira;<br />

non altrimenti se per chiara notte<br />

luttuose rosseggiano comete,<br />

o il Sirio ardore, quel forier di sete<br />

e di morbi a' mortali egri, si leva<br />

e del sinistro lume il ciel contrista.<br />

Non però la fidanza a Turno audace<br />

venne men di preoccupare il lido<br />

e i venïenti ributtar da terra;<br />

anzi co' detti i cuori eccita e sprona:<br />

"Quel che bramaste, già fiaccar con mano<br />

potete; in pugno de' guerrieri è Marte.<br />

Or la sua donna ognuno e la sua casa<br />

rammenti, or si rinnovino le glorie<br />

de' padri. Riceviamoli a la sponda,<br />

trepidi ancor ne' primi incerti passi.<br />

Ride agli arditi la fortuna".<br />

Dice, e divisa chi a lo scontro meni,

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