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"L'Eneide",

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Quattro giovenchi da le terga nere<br />

prima vi trae la sacerdote, in fronte<br />

lor versa il vino, tra le corna a sommo<br />

un ciuffo strappa e, ritüal primizia,<br />

getta a' bracieri, alto Ècate, invocando<br />

e nel cielo e ne l'Erebo possente.<br />

Altri i coltelli sottopone e il caldo<br />

sangue riceve ne le tazze. Enea<br />

con la spada un'agnella d'atro vello<br />

immola de l'Eumenidi a la madre<br />

e a la sua gran sorella, ed una vacca<br />

sterile a te, Prosèrpina. I notturni<br />

riti a lo stigio re quindi principia<br />

e intere ammucchia viscere di tori<br />

sopra le fiamme, le ferventi fibre<br />

di pingue olio spargendo.<br />

Ed ecco, presso<br />

al nascente chiaror del primo sole,<br />

muggir la terra sotto i piè, le vette<br />

cominciare a crollarsi de le selve,<br />

e per l'ombra ulular parver le cagne<br />

appressando la dea. "Lungi, profani!<br />

lungi di qui!" la profetessa grida,<br />

"e tenetevi fuor da tutto il bosco.<br />

E tu invadi la via, snuda la spada:<br />

qui si vuol cuore, Enea, qui petto saldo".<br />

Detto cosí, si mise furïosa<br />

per l'antro aperto, e a la sua duce mossa

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