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"L'Eneide",

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vïaggio; la sinistra de' malvagi<br />

le pene adempie e al reo Tartaro adduce".<br />

Deífobo a l'incontro: "Sii pietosa,<br />

o gran sacerdotessa; andrò, la schiera<br />

rifarò piena e tornerò nel buio.<br />

Va', gloria nostra, va', con miglior fato".<br />

Tanto disse, e tra 'l dir si volse indietro.<br />

Enea riguarda e d'improvviso vede<br />

gran città sotto una rupe a sinistra,<br />

cerchiata di tre mura, e intorno fiume<br />

fiammeggiante il tartareo Flegetonte<br />

e travolgente romorosi massi.<br />

In faccia è una gran porta e tutto acciaio<br />

colonne cui schiantar non forza d'uomo<br />

né potrebbe de' Superi la guerra.<br />

Ferrea una torre sorge in alto, e assisa<br />

Tisífone con manto sanguinoso<br />

al vestibolo veglia e notte e giorno.<br />

Indi sospiri e suon d'aspre percosse<br />

e strider ferro e strascicar catene<br />

s'udia. Ristette sbigottito Enea<br />

in orecchi a lo strepito. "Che colpe<br />

sono? o vergine, parla: e di che pene<br />

soffrono? qual tumulto è che si leva?".<br />

E cosí prese a dir la profetessa:<br />

"Duce inclito de' Teucri, a nessun pio<br />

dato è calcar la scellerata soglia:<br />

pur, quando mi prepose a' boschi averni,

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