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"L'Eneide",

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senz'ombra o velo, e la ricevi in cuore.<br />

Io la figliuola non dovea sposare<br />

a veruno de' vecchi pretendenti,<br />

e l'ammonivan tutti uomini e Dei.<br />

Per amor tuo, per il congiunto sangue,<br />

e per i pianti di mia donna mesta,<br />

vinto ruppi ogni vincolo, la sposa<br />

al genero ritolsi, empie armi strinsi.<br />

Che vicende di poi, che guerre, o Turno,<br />

mi perseguano, il vedi, e che travagli<br />

tu per primo ne soffra. In gran battaglia<br />

vinti due volte, ripariamo appena<br />

ne la città le italiche speranze:<br />

tepido ancor del nostro sangue scorre<br />

il Tebro, d'ossa il vasto pian biancheggia.<br />

A che, per qual follia sí mi rimuto?<br />

S'io son disposto a farli soci, spento<br />

Turno, ché, lui incolume, piuttosto<br />

non levo le contese? E che diranno<br />

i consanguinei Rutuli e l'Italia<br />

tutta, se a morte offerto avrò (Fortuna<br />

disperda il detto) te che mi chiedevi<br />

la mia figliuola? A le vicende guarda<br />

varie di guerra: abbi pietà del padre<br />

vecchio; cui mesto Àrdea natia lontano<br />

or tien da te".<br />

Non per suo dir di Turno<br />

la vïolenza piegasi, ma cresce

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